venerdì 10 luglio 2020

Vorrei tornare indietro per un momento

Domani partiremo. Riproviamo con qualche giorno di ferie. L’anno passato arrivammo a destinazione e fummo costretti a tornare alla base: i contrattempi sono tali proprio perché accadono quando meno te l’aspetti. I contrattempi seri durante le ferie sono mazzate senza redenzione. 

Vabbè. Poi l’abbiamo sfangata. Poi c’è stata la pandemia. Poi avevamo smesso di sperare di rivedere il mare. Poi hanno mandato il virus in vacanza (?). 

Ed eccoci qua. Valigie pronte, pargoli entusiasti, un filo di ottimismo tra le incertezze del periodo. 

Però ho il cuore pesante. Pesante pesante. Porto i bambini qualche giorno al mare, ma lo faccio giusto per far felici loro. L’estate non mi dice più bene. L’estate è diventata la stagione delle contrarietà. 

Quest’estate nonna ha deciso di arrivare al capolinea. Ad un certo punto ha chiuso gli occhi e non li ha più riaperti. Solo che il suo cuore continua a battere. Il suo cuore da combattente non molla. 

Nonna mi ha cresciuta. Per varie vicissitudini, è stata la mia mamma. Tutto quello che sono lo devo a lei. 

Lo scorso fine settimana sono corsa a salutarla. Roma-Reggio Calabria con un chiodo che mi trapassava l’anima. 

Ho provato a parlarle. Per un momento ho pensato mi sentisse. Non potevo sbagliarmi: ha mosso la mano e le è venuta giù una piccola lacrima. 

Mi senti nonna, mi senti? 

I miei ricordi sono impastati di nonna. Potrei scrivere un libro. 

Ma in questo periodo ho un’immagine fissa. Il rigurgito di un pomeriggio d’autunno. 

Avrò avuto 14 anni. E se io ne avevo 14, lei ne aveva 55. Perché quando io sono nata, nonna aveva la mia età. L’età di adesso. Sarebbe potuta essere mia madre. 

E’ un pomeriggio di inizio novembre, con le nuvole basse e l’aria che incomincia a diventare frizzante. Siamo venute a dar da mangiare ai conigli. La campagna è un manto silenzioso di rosso e magenta. La nonna si affaccenda tra cumuli di paglia, mangimi e gatti ruffiani che le si strusciano addosso. Uno rischia di farla inciampare. 

Ride. Ché lei ride sempre. Ha stampato questo sorriso giocondo sulla faccia genuina di chi non teme il contatto con qualsiasi forma di vita. E’ salda, mia nonna. Una di quelle persone concrete e perspicaci la cui vicinanza infonde sicurezza. 

«Andiamo a raccogliere un cesto di castagne» mi dice. 

«E dove?» 

Non ci sono castagni nella nostra proprietà. 

«Lì, dentro da Tanino» insiste indicando l’appezzamento di terra limitrofo al nostro. 

Strabuzzo gli occhi. «Ma che dici, nonna, è tutto recintato e il cancello è chiuso col lucchetto». 

Ride. Ché lei ride sempre. Nonna ha faticato a piangere persino il giorno in cui nonno se n’è andato all’improvviso con un infarto, sulle scale del Comune. 

«Vieni, vieni, quanto la fai difficile. Io scavalco e tu guardi se arriva qualcuno. Che se ne deve fare Tanino di tutte quelle castagne, vecchio e rincoglionito com’è». 

Così, si solleva la gonna e scavalca il cancello. A metà, una ciabatta le vola via. Le vedo le mutande. Perde l’equilibrio. Per poco non mi piglia una sincope. 

«Nonna, ti prego, perché non andiamo a comprarle le castagne, finisce che ti fai male!» 

«Uh, quanto sei lamentosa. E’ solo un cancello, chiunque sa scavalcare un cancello». 

E sparisce dall’altra parte. 

Ora canta. La sento cantare poco distante da me. Canta Il tuo mondo di Claudio Villa. Raccoglie castagne e canta: 

“Vorrei tornare indietro per un momento 

Ma il tempo non si ferma, corre lontano 

Io stringo forte a me la piccola mano 

Che un giorno mi accarezzava 

E da quel giorno i miei ricordi li dedico a te…” 

Io muoio di paura. Qualcuno ci sentirà. Se arriva Tanino è capace che prende la scopetta che tiene stipata nel capanno e ci spara. 

«Nonna, ti prego fai in fretta. E non cantare! Che ci canti…». 

Ma nonna canta, se ne frega lei. Canta e torna con un cesto stracolmo di castagne che si tiene appeso al braccio mentre si accinge a rifare la scalata. Una donna a 55 anni che scavalca un cancello alto almeno due metri e mezzo e canta. 

E’ così che la ricordo. E’ così che vorrei si ricordasse. Mentre scavalca l’ultimo cancello della sua vita e canta forte per farsi sentire. 

Buone vacanze a tutti. Ci risentiamo al mio ritorno.