domenica 18 agosto 2019

Eravamo in vacanza...

Eravamo. Fino a domenica scorsa. Da una settimana, circa. La Sicilia: voluta, anelata, desiderata, per mesi. 
In vacanza, in Sicilia, per tre settimane. 

Poi, un contrattempo. Una cosa di salute di un familiare. Niente di prevedibile o augurabile. Siamo dovuti tornare a Roma. Con grande rammarico, con la preoccupazione per l’altra situazione, con la pena nel cuore per i bambini che avevano appena incrociato il mare, i castelli di sabbia, i tuffi. 

E vabbè. Chiusa una porta si apre un portone. L’importante è cercare di prendere sempre il buono, scongiurare l’indicibile, riposizionare il presente per ricomporre il futuro. 

Chiusa una porta si apre un portone. In termini di vacanza ci sarebbe da figurarsi una crociera di culo a novembre. 

Anche se non sarà, sognare è sempre un toccasana. 

Che poi, l’autostrada, al rientro, era vuota. Ed è vuota pure la città. Sono vuoti il cinema, la piscina vicino casa, i supermercati. E quando ti ricapita di vedere Roma così svuotata di tutto il caos! 

E, diciamocela tutta, la pena era per i bambini, ma i bambini son quelli che se la godono comunque. Si entusiasmano e ridono di tutto sto deserto improvviso. Che bello, che bello, sono scappati via tutti, tutto è qui per noi, che fantastico che siamo tornati, in barba a tutti quelli che sono andati. 

Come si fa a non condividerne la gioia? 

Non fa neppure troppo caldo. Le vacanze sono andate, ma l’estate, tutto sommato, ancora no. Penso al futuro, a quando saremo ancora in vacanza, a quando tutto sarà andato per il meglio – perché tutto andrà per il meglio, lo sto imparando, lo faccio mio, incomincio a crederci. “Il futuro si costruisce secondo su secondo, senza condizioni, senza premi o punizioni. Dritti dove si vuole andare.” – e uno a caso di noi dirà: ma ti ricordi quell'estate che tornammo prima? Che estate era? C’era un tramonto divino in autostrada, prima di entrare a Roma…


sabato 10 agosto 2019

Da dove vi scrivo


Vi scrivo dalla Sicilia, ormai lo avrete capito. Da Messina, per essere più precisi. Ma, da dove vi scrivo? Dove vado poggiando tastiera e mouse per lasciare traccia e condividere con voi sfumature di queste vacanze così agognate?

Siamo ospiti in una casa antica. Sotto l'ala protettiva di uno zio che a 92 anni è ancora un giovanotto.

C'è il mare, il pilone, le straduzze di pietra, il panificio che elargisce odore di pane appena sfornato a tutte le ore, ci sono le stanze coi soffitti alti, le pale dei ventilatori che girano lente tutto il dì, ci sono i mobili con le ante che raffigurano il quartiere circostante, c'è un giardinetto con un pozzo, un limone e un filo carico di panni ad asciugare.

Ci sono pure della scale. Scale esterne, strette e logorate dal tempo. Nessuno le ha più curate, nessuno le percorre. Salgono dritte verso il cielo di onde azzurre e si fermano languide su di una vecchia terrazza. Un tempo, da questa stessa terrazza si vedeva il mare, prima che costruissero tutto intorno alla casa.

Arrivi su questa terrazza come si può giungere in un bosco sperduto: in mezzo c'è una costruzione. Una piccola costruzione apparentemente abbandonata. Anzi, abbandonata-abbandonata. Ma la porta tiene bene e la si può persino chiudere a chiave.

Ecco, io vi scrivo da qui. Da dietro questa porta, su di un piccolo banco preso in prestito una ventina d'anni fa dalla vicina scuola e con il sogno impossibile di poter impacchettare questa stanza scalcinata, con la piccola finestra che soffia brezza marina, con le scale che vi ci conducono e la terrazza scrostata che la accoglie, e portarmele in valigia come fossero l'unico e inestimabile lusso che ho sempre desiderato in tutta una vita. 

A poterlo fare.





E voi, avete cambiato luogo di scrittura adesso che è estate o scrivete sempre dallo stesso magico angolo? Raccontatemi. Oh, sì, se vi fa piacere, è così bello intrecciare i luoghi dai quali ciascuno di noi dona agli altri pezzetti di sè.

mercoledì 7 agosto 2019

Siamo arrivati all'alba


Questa volta siamo partiti quando Roma era già ammantata di notte e la serata estiva si era da poco riversata per le strade.

La gente andava al centro commerciale. C’era un evento. Si può mai perdere un evento estivo serale al centro commerciale?

Mi ha preso una strana smania di fuggire via, di farlo il più presto possibile. Prima che si verificasse un impedimento qualsiasi in grado di bloccarci: una gomma forata, un guasto al motore, un’improvvisa febbre dei bambini.

Andiamo via, finché siamo in tempo. Lasciamoci alle spalle le luci del multisala e dei negozi che sparano nella semioscurità come il ricaricatore a corrente del raid antizanzare. 

Chissà perché i viaggi al buio passano prima. La notte è sempre più breve. L’oscurità smussa il dilatarsi del tempo.

L’autostrada è diventata un nastro molle, come quello dei cartoni animati, da percorrere sulle ali svelte del desiderio di arrivare.

Prima dell’alba stavamo a Villa San Giovanni. Le fauci benevole della nave ad accoglierci come un Pinocchio e un Babbo mancati troppo a lungo.

Vieni Spisidda, vieni che mamma ti fa vedere il mare ancora addormentato e le luci vive del porto. Non è ancora l’alba, ma ci avvolgono i corpi voluttuosi e tiepidi di queste due terre amanti che si lambiscono ed amoreggiano attraverso il mare. Siamo come feti nel liquido amniotico contenuto nella grande pancia della vita. 

Ce la siamo meritata questa attesa, questa gravidanza che ci fa rinascere sull'altra Costa. 

Siamo in Sicilia che il sole è appena spuntato. 

È l’Alba. Un’alba che attendeva solo noi, coi pescatori che salutano e i bar socchiusi che lasciano andare l’odore tenero di briosce appena sfornate e di sale chsi appoggia ai davanzali.

Villa San Giovanni - 3 agosto 2019