Eravamo. Fino a domenica scorsa. Da una settimana, circa. La Sicilia: voluta, anelata, desiderata, per mesi.
In vacanza, in Sicilia, per tre settimane.
Poi, un contrattempo. Una cosa di salute di un familiare. Niente di prevedibile o augurabile. Siamo dovuti tornare a Roma. Con grande rammarico, con la preoccupazione per l’altra situazione, con la pena nel cuore per i bambini che avevano appena incrociato il mare, i castelli di sabbia, i tuffi.
E vabbè. Chiusa una porta si apre un portone. L’importante è cercare di prendere sempre il buono, scongiurare l’indicibile, riposizionare il presente per ricomporre il futuro.
Chiusa una porta si apre un portone. In termini di vacanza ci sarebbe da figurarsi una crociera di culo a novembre.
Anche se non sarà, sognare è sempre un toccasana.
Che poi, l’autostrada, al rientro, era vuota. Ed è vuota pure la città. Sono vuoti il cinema, la piscina vicino casa, i supermercati. E quando ti ricapita di vedere Roma così svuotata di tutto il caos!
E, diciamocela tutta, la pena era per i bambini, ma i bambini son quelli che se la godono comunque. Si entusiasmano e ridono di tutto sto deserto improvviso. Che bello, che bello, sono scappati via tutti, tutto è qui per noi, che fantastico che siamo tornati, in barba a tutti quelli che sono andati.
Come si fa a non condividerne la gioia?
Non fa neppure troppo caldo. Le vacanze sono andate, ma l’estate, tutto sommato, ancora no. Penso al futuro, a quando saremo ancora in vacanza, a quando tutto sarà andato per il meglio – perché tutto andrà per il meglio, lo sto imparando, lo faccio mio, incomincio a crederci. “Il futuro si costruisce secondo su secondo, senza condizioni, senza premi o punizioni. Dritti dove si vuole andare.” – e uno a caso di noi dirà: ma ti ricordi quell'estate che tornammo prima? Che estate era? C’era un tramonto divino in autostrada, prima di entrare a Roma…