lunedì 27 maggio 2019

Pensa a tutta la bellezza...

Andare a votare da sempre buoni frutti.

Le scuole rimangono territori di stimolo e di crescita personale.  Senza studenti e docenti, allestite per i seggi, sono come luoghi di culto in attesa dei fedeli, pronte a porgere icone e modelli agli occasionali avventori in grado di guardare, di ascoltare, di annusare...

Io ho immortalato.
In particolare, questo che vi mostro.

Scuola Primaria - Roma

Vorrei una parete uguale a casa mia. Chissà che non decida di crearmela.

Intanto, vi lascio con un invito.

Se vi va, scrivete nei commenti la prima cosa bella che vi viene in mente pensando a ciò che vi circonda. E poi, siate felici.

Un buon inizio di settimana. A ciascuno <3

martedì 21 maggio 2019

Torno presto, come la primavera

Ieri, poco prima del tramonto, è uscito uno spiraglio di sole. 
E' piovuto per giorni. E' piovuto su maggio, su questa primavera inoltrata. 
E' piovuto. Era il cielo che piangeva sulle cose belle e su quelle brutte, sulle buone intenzioni e sugli scazzi della gente.
E' piovuto anche sulla vita spezzata di quell'uomo ucciso in bicicletta, alle porte del raccordo. Un camion se l'è trascino per una decina di metri, il conducente non l'aveva visto.
Poteva mai pedalare sotto l'acqua  nella via più trafficata in orario di punta? Lo hanno detto tutti. Nessuno si è chiesto da dove quel ciclista venisse, dove andasse, che sedimento di esistenza abbia lasciato. 
Hanno chiuso il raccordo, però. E questo ha fatto inalberare le folle. C'ero anche io. Le macchine si accalcavano le une sulle altre. Sono tornata per le vie interne delle campagne romane, mi sono persa in una specie di dolore sordo, col navigatore che non indicava quello che effettivamente avrei voluto: tra trecento metri svolta a destra per entrare in un mondo migliore.

Dunque, è piovuto. Sulle piccole vite inconsistenti di chi è solo l'universo di se stesso. Sul palmo fetente di quel passante che ha raccolto il portafoglio del ciclista in mezzo al marasma di schegge di casco, di sangue e di bici ed è corso al primo bancomat a prelevare il massimo prelevabile. Cinquecento euro per una vita lasciata ad esalare l'ultimo respiro in mezzo all'asfalto di Via Tiburtina, tra la pioggia, l'indifferenza e le bestemmie di chi rientrava a casa.

Stamattina non si capisce che vuole fare. Il tempo, intendo. Sono le 6 e 36, c'è una nebbia sottile ed un cielo fitto di metà novembre. Io vorrei rimanere qui, a scrivere, a leggervi.

Invece, vado. Devo.

Torno presto, come la primavera.


sabato 11 maggio 2019

Nitidi

No, niente. Niente rubriche. Vanno in pausa per un po’, le mie rubriche. Non sono per le cadenze. Cado e basta, in caduta libera, con la mia unica ala pindarica

Non cado per spiaccicarmi, cado per volare. È una cosa buona. 

Ve lo dico in un altro modo: Sto Incasinata. Assai. Accadono cose e accadono tutte insieme. 

Si va. Verso nuovi lidi, incontro a nuovi progetti, di faccia a tutte le novità che ho preteso. 

Urge scrittura di pancia. Come quando ero studentessa ed andavo. Per bar, per aule, per periferie, per stanze accomunate di teste e di speranze. 

Una volta lessi una scrittrice che aveva letto di una scrittrice che diceva che chi scrive, scrive sempre, qualsiasi cosa accada. 

Allora, scriviamo. In mezzo al traffico, in fila al supermercato, sui mezzi pubblici.  

Sono in metro, adesso. No, non proprio adesso, ma lo sono nel ricordo fresco di appena un giorno. 

Mi guardo intorno e mi accorgo che succede un fatto. 

C’è una cosa che fa tutta la gente, tutte le mattine, stipata dentro i vagoni o gli abitacoli che trasudano di corpi ammassati: fa finta che l’altra gente non esiste. A pensarci, è un fatto sconcertante. 

Una volta, però, dal finestrino di un regionale ho visto un uomo con un ombrello aperto camminare sul dorso più lontano di una delle verdi piccole colline che costeggiano la ferrovia. 

Quel giorno ho pensato che l’essere umano non è poi così male. L’uomo ha centomila difetti, ma possiede il pregio di trattenere i desideri. I desideri: un’emozione, un amore, una passione, la volontà di vedere lo sconosciuto che ci respira accanto, l’intenzione di tendere una mano - non svaniscono. Piuttosto, nel tempo, diventano ancora più nitidi, i desideri. Come la figura di quell’uomo stagliata contro il verde dell’erba bagnata e del grigio del cielo. 

Nitidi.


lunedì 6 maggio 2019

Emily la solitaria

Oggi sarebbe toccato al post sui compleanni di maggio. Considerato, tuttavia, che io non riesco ad organizzare neanche mezzo secondo della mia vita, figurarsi i post del blog. Perciò, i compleanni di poeti e scrittori ve li ciuccer  godrete non appena mi avanzerà una notte per metterli insieme. 

Nel frattempo, ieri, dopo pranzo, mi è accaduta quella cosa strana di impantanarmi in un un'emozione con un'identità ben precisa. Già che il baccalà di mia suocera mi viene pesante, già che pioveva e mi andava solo di defilarmi a terminare la digestione sotto a un plaid con le mani unte e paffute dei miei figli a carezzarmi ma avevo distribuito inviti a destra e a manca per trascorrere un pomeriggio in allegria, già che ultimamente ho l'ormone avvelenato e mi riesce di disinnescarlo solo con lunghe e terapeutiche sedute di scrittura intima e ritirata, insomma, senza sapere né come né perché, all'improvviso, mi si è piazzata davanti Lei, Emily, quella famosa, quella che conosciamo tutti: Emily Dickinson, la poetessa.  

E mò che vuoi, Emy? Che ti ho fatto? Ti ho trascurata? Non ti ho voluto bene abbastanza? Te la sei presa che ho messo tutti i tuoi volumi negli scatoloni in garage? Che ti ci posso fare, qua siamo in 4 in 60 metri quadri... Non so se ti rendi conto.

A che pensi? mi ha chiesto il Consorte.
A Emily Dickinson, ho detto io.
Annamo bene, ha fatto lui. E se n'è andato, che tanto lo sa che quando mi piglia lo sghiribizzo di una poetessa è meglio farsi da parte e lasciarci discutere tra donne.

Ho continuato a pensare ad Emily per l'intera giornata. Ero concentrata su un aspetto della sua vita che forse non conoscono in molti. 

Emily ha vissuto la sua esistenza in un'assoluta e quasi esclusiva solitudine. A ventitré anni si è rintanata nella sua stanza e ti saluto mondo. Si è addirittura scritto che non uscì dalla camera neppure in occasione della morte del padre che pure amava di un amore appassionato. Se ne stava chiusa, semplicemente; a scrivere poesie e lettere che inviava ad amici intimi e ad amori distanti conosciuti nei pochissimi viaggi intrapresi.

Certo, beata lei, che non doveva uscire per andare a lavorare, a fare la spesa, a pagare le bollette, ad accompagnare i figli o i nipoti a scuola... Ci vuole anche cul una certa dose di fortuna nella vita. Il padre si sarà rivoltato sul letto di morte: mantenerla tutto il tempo e poi manco una rampa di scala per fargli un ultimo saluto, una sbirciata prima del lungo viaggio... 

Se fosse vissuta ai tempi nostri, forse sarebbe diventata una social-dipendente, Emily. Di certo, l'avrebbero trascinata da uno bravo e l'avrebbero magari riposta in una comunità di recupero.

Questione di tempi: una volta essere eccentrici risultava più semplice.

Meno male che Emily è nata nel 1830, meno male che è stata quello che è stata. Ci vuole coraggio ad essere se stessi. 

Meno male che gli scatoloni con le sue opere non erano finiti proprio dietro la catasta della mia biblioteca impacchettata.

Meno male che oggi Lei sia di nuovo qui, a rammentarmi che Noi che abbiamo l’anima moriamo più spesso, ma che la vita non è mai vissuta invano. Perché


Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.