venerdì 29 marzo 2019

#tracciometro-Ho tirato giù ancora un pò di caffè...



Oggi vi lascio con una traccia estrapolata da "Piu forte di me", di Rossana Campo.

La Campo è una scrittrice che amo. Non piace a tutti. Non è semplice assimilare la sua maniera di fare scrittura.

Perché lei, come diversi altri scrittori italiani, rientra in quel filone identificato durante la metà degli anni '90 e contraddistinto dall'etichetta di "Cannibali", invenzione dei media per indicare tutti quegli scrittori che sono seguiti alla pubblicazione dell'antologia curata da Brolli ed intitolata "Gioventù Cannibale".

Rossana Campo, Niccolò Ammaniti, Tiziano Scarpa, Alda Teodorani, Isabella Croce ed altri, sono stati scrittori che hanno dato vita ad una nuova forma di scrittura crudamente realistica, improntata sulla completa scarnificazione del periodo e della punteggiatura. 

Il realismo di questo nuovo filone, sfociato quasi in contemporanea nel genere Pulp, si caratterizza anche per la completa scoperchiatura dell'universo psichico dei personaggi: non ci sono filtri nella mente dei protagonisti, chi legge si trova immerso nel racconto vivo del pensiero umano.

Rossana, in particolare, non fa sconti sul linguaggio, la dice come va detta, tanto da essere stata spesso additata dalla critica come volgare. Ma i suoi personaggi sono soggetti disastrati, donne e uomini sull'orlo del precipizio, gente comune ma neanche troppo che tenta di risollevarsi dalla merda in cui è sprofondata: come dovrebbero parlare persone così?

Il passo che ripropongo non è particolarmente sboccato, ma è ugualmente forte. La voce narrante è quella della protagonista: una donna che è stata abbandonata, e che, duramente ferita, tenta di ridare un senso ad una vita intera.

"... ho tirato giù ancora un pò di caffè e mi sono messa a scrivere. Ho scritto: Libri e libri, parole e parole, ah quanto le disprezzo tutte quelle palle inventate che riempiono la maggior parte dei libri che stanno ammucchiati sui banconi delle librerie. Libri e libri su tutti gli scaffali e i tavoli puliti e spolverati, tutti lì in fila come soldatini a cercare di farsi leggere le loro cazzate che non fanno troppo male a nessuno, né a chi le scrive né a chi le legge, tutta quella roba che non c'entra niente con la mia vita.
[...] Tutto quello che c'è nella mia vita, che taglia, che fa male e fa a pezzi non ce lo trovo lì, in quei libri, non c'è posto per tutto quello che ci ho qui dentro. Ma anch'io faccio parte di questa gente, anch'io lavoro per ridurre un pò la mia pazzia, e mi metto qui sul tavolo della cucina coperto di briciole, sullo stesso tavolo dove taglio le cipolle, le carote e gli zucchini e cerco di darle una forma che faccia meno male, alla mia pazzia.
Mi sono fermata ancora, mi sono accesa una sigaretta e ho continuato: E ci lavoro su per smussare l'urlo che ho dentro, e la rabbia e la delusione che stanno attaccati alle mie viscere come dei polipi e non mi lasciano mai. Io che mi sento tutto il cuore e i polmoni e le mani, che me li sento tutti pieni di questa rabbia e di questo furore , io ce la metto tutta per dare a questa roba la forma un pò ridicola di una poesia, o di un racconto, o anche di qualche cosa senza forma. Parole e parole, questo è quello che utilizzo per dare alla mia rabbia una forma accettabile e non troppo ingombrante".

Che ne pensate? 

E Voi, in che modo date forma alle vostre rabbie, ai vostri furori?

Buon fine settimana, di cuore, a ciascuno... <3


mercoledì 27 marzo 2019

Tocca prenderla con... filosofia [4] - Il mio Salumiere è un Filosofo


Il mio Salumiere è un Filosofo


Questo mese lasciamo a casa i nomi importanti, i pezzi grossi, i boss della filosofia.

Per la serie, ciascuno possiede le proprie risorse filosofiche pratiche e senza troppe pretese, anche il mio Salumiere è un Filosofo.

Te ne accorgi subito, lo inquadri dal baffo casereccio eppure sapiente.

Tra una pacca al prosciutto, e una carezza alla lonza, lui ti affetta verità genuine, fresche di giornata.

“Signora, la vuole la sarsiccia?... Se la sarsiccia non vuole, o le fa male un dente o ha una spina nel cuore”.

E ride, con quella sua grassa e succulenta risata, e la manona aperta a lenzuolo sul grembiulone lindo: a mo’ di garanzia.

“Senta, Signor Salumiere, potrebbe levarmi la prima fetta dal cotto? E' così scura, non sembra buona, mi faccia la cortesia, lei che è così premuroso…”

“Ma certo, Signora Adorata Cliente, è come nella vita, a volte levi la prima fetta e dietro ti attende una splendida vetta…”.

Poi tocca ad una Arzilla Signora di mezza età, che tiene una Smilza Vecchina sotto braccio, e la scuote e la rimbecca di continuo.

"No mamma, basta, taci, che vuoi saperne tu di come si fa la spesa!", barrisce l' Arzilla Signora sulla china testa di neve della Smilza Vecchina.

“Oh, bene”, chioccia l'Arzilla Signora, “tocca a noi...”. 

Ed è tutta contenta, protagonista del suo momento. 

“Mi faccia un etto di milano e due di dolce… Che sa, mio figlio è un disgraziato, se non lo accontento mi butta la roba in faccia, non mangia più… Questi ragazzi di oggi, strafottenti, ingrati…”.

Il baffo del Salumiere freme, lo si nota da dieci palmi di naso che freme; sembra una molla pronta a scattare, un’animata trappola per topi che canta la melodia delle sirene di Ulisse al cospetto di un roditore.

“Eh, ha proprio ragione, mia Arzilla Signora, i figli a volte sono spietati, giudici incorruttibili, pretenziosi di diritti e dispensatori di poco rispetto…”

“Ma venga, Arzilla Signora, venga, si avvicini…”, si sporge dal banco, con la stessa imponenza con la quale si sporgerebbe un re dal trono. Si schiarisce il vocione: “Conosco una storia… Ascolti, ascolti, è proprio una bella storia…”.

L' Arzilla Signora fa cenno col capo; con gli occhi rossi da raganella spaventata, sta impalata sotto al trono e ascolta.

“C’era una volta un Figlio. Era un Figlio discretamente felice, perché era diventato grande, aveva una bella casa, un bel lavoro e pure una bella Moglie che era in attesa di un figlio suo. L’unico peso era un Padre malandato, che aveva accolto tra le sue mura ma che oramai era diventato di impiccio per tutti… 

Un giorno la Moglie disse al Figlio che doveva sbarazzarsi di quel Padre, che con l’arrivo del bambino avrebbero avuto bisogno di spazio e che dunque era il caso di non badare ai sentimentalismi e di sistemare il vecchio altrove.

Il Figlio, né troppo convinto, né troppo rattristato, si prese il Padre sulle spalle e decise di portarlo al di là del bosco, in una piccola capanna dove il Padre sarebbe in qualche modo potuto sopravvivere. 
Lungo la strada, tuttavia, si accorse che il Padre pesava e che non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungere la meta; allora si fermò e posò Il Padre su una pietra.

«Papà, pesi troppo», gli disse, «ti appoggio qui e poi torno a prenderti… ».

Il Padre lo guardò con gli occhi annacquati, poi chinò la testa di neve. «No Figlio», disse piano, «non lasciarmi qui, questa è la pietra dove io ho lasciato mio Padre…».

Il Figlio, scosso da quelle parole, si riprese il Padre sulle spalle e lo riportò a casa, e da quel giorno lo trattò sempre come in cuor suo desiderava che suo figlio trattasse lui da vecchio.”

L'Arzilla Signora ha la bocca aperta di papera impallinata; paga l’etto di milano e i due di dolce e quasi fugge via con la Smilza Vecchina, che sghignazza felice alle sue spalle.

Io sorrido tra me e me; e penso che tra tutte le fortune che potevano capitarmi nella vita, non di meno è quella di aver trovato un Salumiere Filosofo.


lunedì 25 marzo 2019

Vita da Blogger: Tempi indicativi

Lo si è detto: tenere un blog è una cosa parecchio gratificante. Un blog aiuta a mantenere viva una passione, è un ottimo allenamento mentale, un mezzo di condivisione, uno strumento per conoscere e per farsi conoscere. 

Si è detto pure che tenere un blog è mediamente faticoso: ci vuole impegno, tempo, costanza, sovoir faire nelle relazioni virtuali, un minimo di talento nel proporre gli argomenti, una certa dose di empatia. 
Se si vuole offrire un blog di qualità, certo. Se si intende evitare di cadere nella rete del blogger sfarfallante e di poca sostanza. 

Lo si è detto. Si è cercato di dare una scrollata generale ponendo l’accento sulla necessità di rivolgere una certa cura non soltanto al proprio blog ma anche all’approccio che si ha con i blog altrui

Allora, un paio di quesiti viene da porseli. O almeno, io, che ho sempre un tempo risicato da dedicare alla vita da blogger ma che per quel poco mi piace investirlo in maniera accurata e rispettosa anche nei confronti del lavoro degli altri, me li sono posti. 

Prendiamo il profilo medio di un blogger che conduce bene o male la mia stessa esistenza. Io ho un marito, due figli piccoli, un lavoro, una casa da mandare avanti, sono assunta a tempo pieno come autista, cuoca, lavandaia, aiuto compiti, supporto psicologico ed emotivo famiglia-propria e famiglia-di-provenienza, possiedo un discreto numero di amicizie a cui tento di dedicare un minimo del mio tempo quotidiano, intrattengo buone relazioni con il vicinato e con i colleghi, tento di coltivare passioni vitali come la lettura, la scrittura oltre il blog, l’attività fisica e la sperimentazione culinaria. 

Ora, fatto salvo che in media la stesura ragionata di un post richiede uno spazio temporale che va dai 10 ai 20 minuti in base all'argomento, alla corposità, all'inserimento o meno di immagini, alla voglia di approfondire, alla puntigliosità di una corretta formattazione/pubblicazione. 

Fatto sempre salvo che per leggere adeguatamente un post/articolo si impiega in media un tempo che richiede uno scarto minimo di 3/5 fino ad un massimo di 10 minuti comprensivi di quello scatto riflessivo e di ponderazione che conduce alla fioritura sensata di un commento attinente a quel che si è letto e che impone circa 3/5 minuti per una corretta esposizione di pensiero, se si intende seguire una base di 10 blog al giorno, il tempo totale di lettura è di circa 150 minuti, ovvero 2 ore mezzo a cui vanno sommati più o meno 50/60 minuti quotidiani necessari alla costruzione dei propri contenuti nonché all'interazione attiva inerente lo scambio costruttivo di opinioni relativi al proprio spazio ed alle discussioni avviate negli spazi altrui

Alla luce della mia analisi, il tempo indicativo stimato da dedicare all'attività per un profilo di blogger attivo è di circa 3 ore e 30 minuti al giorno. Ciò significa che per un blogger con il mio stesso tenore di vita, al fine di riuscire in tutte le incombenze quotidiane e poter dedicare alla propria attività di blogger una simile fascia di tempo, la giornata dovrebbe essere composta all’incirca da 50 ore

E’ naturale che “quantità” non sia sinonimo di “qualità”. 

Si classificano, di conseguenza, in una posizione successiva a quella di “attivo”, i blogger a rilascio più lento, ovvero quelli che pubblicano con cadenza settimanale, o nei ritagli di tempo libero

Esistono ancora i blogger di-tanto-in-tanto, coloro che fanno capolino periodicamente ma non con una frequenza tale da consentire una crescita considerevole in termini di profilo e di arricchimento relazionale con gli altri blogger. 

Già che è lunedì, giorno in cui si concentrano i migliori buoni propositi e i tentativi di pianificazione settimanale che, almeno per quanto mi riguarda, vanno a farsi strabenedire più o meno verso metà settimana, mi chiedevo: 

  1. Voi che genere di blogger siete? 
  2. Che blogger vi piacerebbe essere? 
  3. Quali sono i vostri “Tempi indicativi”? 
  4. Come pianificate la vostra attività di blogger? 
  5. Giudicate eccessivi i tempi di stesura e di commento che ho citato?
  6. Ritenete che un blogger “saltuario” - sia nei contenuti proposti che negli interventi ai contenuti altrui -, possa avere nel blogmondo la stessa valenza di un blogger super-attivo? 
  7. Esiste realmente il meccanismo di “Do ut des” oppure è ovviabile? 

Io nel mentre che vi scrivo devo già scappare, ho scorso post interessanti su cui vorrei soffermarmi ma non lo farò mai in corsa da altre incombenze; sono alla costante ricerca di utenti che condividano i miei stessi interessi e di blog che mi arricchiscano e riescano a stimolarmi, ma la mia vita da blogger è un continuo rimando; è un tenere a denti stretti una passione a cui tengo di cuore e con impeto ma che mi costa fatica e tanta tanta dedizione.


giovedì 21 marzo 2019

Come spiegare il "razzismo" ad un bambino di 6 anni?

Ieri sera, vuoi o non vuoi, è trapelata la notizia. Quella della storiaccia sull'autista senegalese che ha sequestrato le due scolaresche.

Probabilmente abbiamo sbagliato, ma io e il consorte ci siamo sprecati in congetture e visione dei relativi servizi sbucati nei differenti tg.
Pensavamo che il Nano fosse preso da altro. Si attendeva il momento di cenare e lui faceva avanti e indietro dalla cameretta, ma non sembrava particolarmente interessato alle nostre discussioni da grandi. Ho notato solo qualche occhiatina di sbieco al padre che, per deformazione professionale, si era fomentato dichiarando che anche lui, come i colleghi, ci sarebbe saltato a mo' di stuntman su quel bus pur di salvare i ragazzini.

Punto. Finita lì. La serata era proseguita normalmente. Senza dare seguito alle considerazioni davanti ai bambini.

Stamattina, dopo aver lasciato la sorella all'asilo, come se attendesse il momento giusto per farlo, il Nano è partito con una sequela di richieste e chiarimenti.

- Senti, mamma, ma quello di ieri sera era uno cattivo?

- Chi, tesoro? A chi ti riferisci?

- A quello che si è rubato i bambini...

Mi è preso il panico. 

- Ehm... no, Nano... non proprio... O meglio, è più difficile di così... Probabilmente è una persona che non sta bene...

- Eh, ma è negro...
- .... 

Mentre guidavo, mi sono voltata per una frazione a guardarlo. No, non vi era traccia di malizia o pregiudizio. Lui voleva sapere. Solo questo.

- A parte che si dice "persona di colore", se proprio vuoi indicare che è un pò più abbronzato di te... Chi te l'ha detto a te che le persone di colore si chiamano "negri"?

- Me l'ha detto C., mentre giocavamo a scuola...

- Ed ha sbagliato... Puoi anche indicare le persone in base alla provenienza. Ad esempio E., la tua compagna, da dove viene?

- Dalla Francia...

- Ecco, allora di lei possiamo dire che è francese. Di quell'uomo di ieri sera si può dire che è senegalese, perché viene dal Senegal... Ma non c'entra il colore della pelle... Non si definisce una persona in base a quello... Prendi il cugino S. che viene dalla Sicilia ed è scuro scuro, è sempre italiano...

- Io sono italiano, mamma?

- Certo...

- Eh, ma quello scuro di ieri sera però ha detto che si voleva vendicare di quelli morti come lui, quindi è cattivo... e non è italiano...

- Oddio, Nano, fermati un attimo... Partiamo da un presupposto: non si giudicano le persone in base al loro colorito, al posto in cui sono nati, in base alla loro ricchezza o povertà o, ad esempio, in base ai loro gusti di vestiti o di cibo, tanto per dirne due; si giudicano le persone in base a quello che fanno, a come si comportano... Ora, quell'uomo di ieri sera ha fatto una cosa bruttissima, cattivissima ma non è che dipende proprio tutto dal fatto che è nato in un altro posto... Ricordi il bambino di colore che frequentava l'asilo insieme a te o il tuo compagno di piscina? Erano simpatici, buoni... Hai capito?

Mi ha guardato non proprio convinto. Eravamo già davanti scuola ed era tempo di entrare.

Mi sono sentita smarrita, incapace di spiegare a mio figlio tutto il marasma che sta accadendo nel mondo.

- Vabbè mamma, ma se quello lì, quello cattivo, viene a guidare il pulmino qui? 

Ho sospirato.

- Tranquillo, tutti i pulmini di tutte le scuole hanno autisti affidabili, quello di ieri è stato un caso sfortunato... Poi ne parliamo a casa, va bene?

- Va bene.

Io però me lo chiedo: come faccio a spiegare ad un bambino di 6 anni la faccenda del "razzismo" alla luce di tutto quello che sta capitando?


mercoledì 20 marzo 2019

[L'appuntamento della settimana]-Il 21 per Alda

Domani 21 Marzo, in ricorrenza della Giornata Mondiale della Poesia e del compleanno di Alda Merini, sono stati organizzati due eventi per ricordare la poetessa e per fare il punto sulle tendenze del mondo poetico in generale.

A Milano, la "Casa delle arti Spazio Alda Merini" in collaborazione con la "Fondazione Corriere della Sera", ospiterà un evento intitolato: "Alda Merini e il Corriere: la poesia in redazione". I giornalisti Giangiacomo Schiavi, Daniele Monti e Antonio Troiano, racconteranno di come la poetessa amasse telefonare alla redazione del Corriere per parlare di poesia o di altro che la appassionasse.

L'evento si terrà alle ore 18 in Via Magolfa 32, è obbligatoria la prenotazione scrivendo a: info@lacasadelleartiste.it


A Roma, organizzata dal mensile "Leggere: tutti", è stata indetta una serata dal titolo: "Abbiamo bisogno di poesia!". L'appuntamento è sempre alle ore 18 presso la Libreria Eli di Viale Somalia, dove fino alle ore 21 si susseguirà la lettura e l'interpretazione delle poesie di numerosi autori (l'elenco completo dei poeti che presenzieranno lo trovate qui). Si tenterà anche di inviare un messaggio ben preciso: quello della poesia come ritorno all'essenzialità, alla riflessione, alla socialità intesa come vicinanza fisica tra le persone, in un mondo dove ormai tutto è apparenza, immediatezza e superficiale sostanza attraverso quello che può essere uno scarno Tweet.

Per questo Sergio Auricchio di "Leggere: Tutti" ha invitato anticipatamente tutti i partecipanti a non ricorrere o utilizzare i social durante la serata come atto simbolico dell'iniziativa stessa.

Anche in questo caso si segnala la preferenza alla prenotazione scrivendo all'indirizzo: info@leggeretutti.it

Insomma, fate ancora in tempo a prenotare! Se qualcuno fosse nella possibilità di partecipare ad uno dei due eventi, sarei felice se poi passasse di qui a raccontare. In caso contrario, se ne avete voglia, lasciate un pensiero su o per Alda... So che tra di voi vi è persino chi ha avuto la fortuna di conoscerla personalmente. Attendo a bocca, anzi, ad occhi spalancati... Raccontatemi!


martedì 19 marzo 2019

#tracciometro - Di colpo mi chiedo...


Una traccia da Venuto al mondo, romanzo della Mazzantini che adoro particolarmente.

Una Bibbia, per me.

La scena è questa: Gemma ha appena ricevuto da Sarajevo la telefonata di Gojko. Non si sentono da anni, si sono persi, pur essendo stati pezzi combacianti delle stessa storia, amici di quell'amicizia rara che a stento si trova in tutta una vita..

"Di colpo mi chiedo come ho fatto a rinunciare a lui per tutto questo tempo. Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?"
Ecco, perché? Sarà poi così? 

lunedì 18 marzo 2019

Me ne vado con il circo

Venerdì ho portato i bambini al circo. È successo come succede sempre, la stessa magia. Il giorno prima non c’era nulla, il giorno dopo erano comparsi il tendone, le bandierine e gli elefanti che pascolavano nel piazzale di fronte al bar, sulla Salaria. 


Quando ero piccola ed arrivava il circo, eravamo tutti felici. I piccoli ed anche i grandi. U circu arrivau, u circu... E partiva la gara di solidale ospitalità ai circensi e l’organizzazione delle comitive, perché al circo ci dovevi andare con le persone giuste, mica con un gruppo a caso: era il senso di onorare a dovere lo spettacolo, che poverazzi, diceva nonno,  quelli ci sputano l’anima sempre in giro per il mondo

A me il circo piaceva così tanto che, quando mi facevano arrabbiare, esordivo con una dichiarazione che è rimasta storica: Guardate che me ne vado con il circo, siete avvisati, la prossima volta che viene, 'mbuttu pupa e scappo con loro. 

Ai miei occhi di bambina, quel mondo sommerso e differente che ti fioriva sotto lo sguardo in due ore di luci, costumi scintillanti, odore di pop corn, artisti ed animali ammaestrati, rappresentava il plus ultra di una vita avventurosa. 

Oggi, il circo non è più la stessa cosa. 

Pure i circensi sono scazzati. Fanno finta di metterci la passione, sorridono compiaciuti, si impegnano nello spettacolo, ma si nota che gli rode. 

A ragion veduta. 

Venerdì, al circo, non c’era quasi nessuno. Erano girati i biglietti promozionali per il debutto pomeridiano al costo di 6 euro, ma la risposta in termini di pubblico è stata minima. 

Me ne hanno illustrato il motivo quando stavamo già in fila per entrare: la gente non li ha voluti, e dunque anche i manifesti affissi sono stati oscurati con la scritta “censurati per crudeltà” (nei confronti degli animali). 

Gli stessi appartenenti hanno rischiato il linciaggio solo a farsi vedere in giro. 

Parto dal presupposto che io sono una che gli animali li rispetta e li ama. Sono una che ha sempre raccattato per strada randagi e uccellini smarriti sin dalla tenera età, stile la ragazzina sotto la pioggia della Barilla. Sono una che va su tutte le furie se assiste ad un atto di violenza verso qualsivoglia essere vivente, fosse pure una lucertola o un albero di pere. Ma la mia, rispetto all’andazzo che sta prendendo il mondo, consentitemi di dirla. 

Negli ultimi anni se ne stanno vedendo d’ogni sorta. Viaggiamo seguendo lo zoccolo duro degli schieramenti pro o anti “barconi”, dei no tav, sì tav, no tap, sì tap, ong, seawatch e chi più ne ha più ne metta. In mezzo al marasma, ci stanno pure loro: gli amici animalisti – e non parlo di chi nutre e coltiva un sentito amore per gli animali, mi riferisco piuttosto agli estremisti, a chi si serve di una fede impropria nel genere animale per attuare delle vere e proprie guerre senza esclusioni di colpi. 

Ricordo la storia di quella ragazza che soffriva di una malattia grave e rarissima e che aveva osato ringraziare sui social i ricercatori sempre all'opera per individuare le cure adeguate a malattie come la sua pur dovendo effettuare sperimentazioni sugli animali. Apriti cielo. Era stata pesantemente attaccata, ingiuriata, offesa e c’era stato persino chi era arrivato ad augurarle la morte tra stenti ed atroci sofferenze. 
Voglio dire, va bene esprimere un dissenso, non appoggiare una posizione, proclamare a gran voce che si auspicano altri generi di sperimentazioni: ma non lo si potrebbe fare in maniera civile, con i dovuti modi? E comunque, se uno dei miei figli fosse gravemente malato e rischiasse di morire ed un gruppo di ricercatori mi desse una speranza annunciandomi che esiste una cura in fase di sperimentazione sui topi, io, da madre, che dovrei fare? Oppormi con tutte le mie forze a qualsiasi sperimentazione e lottare per la libertà dei topolini? 

Ricordo anche varie vicende di bambini aggrediti in luoghi pubblici da cani non tenuti al guinzaglio. Un mare di polemiche. I cani devono o non devono stare liberi? E’ colpa o non è colpa del cane? 
Ma non è colpa del cane, no. Caso mai la responsabilità è di chi il cane lo doveva custodire, sorvegliare. Eh, però tutti sti bambini lasciati a scorrazzare per i parchi! Tranquilli, ci attrezzeremo: guinzagli per le creature da 0 a 10 anni, e non se ne parli più. 

Per non citare tutti coloro in base alla cui logica l’animale dovrebbe possedere quasi gli stessi identici diritti dell’essere umano. Ma in che senso, scusate? 
Non è giusto che il mio cane non possa entrare al cinema, mi ha detto una volta una tizia. E cosa dovrebbe entrarci a fare un povero cane per due ore in una sala buia con il rischio che si innervosisca a causa dell’oscurità o dei rumori molesti? 

Ora, il circo. A parte la tradizione millenaria di dinastie itineranti che hanno sempre portato per il mondo il culto dello spettacolo all'aperto - e successivamente nel tendone - fatto di numeri basati sull'abilità fisica, sulla comicità e sull'addestramento di animali principalmente selvatici, è anche giusto rivalutare la posizione degli animali alla luce dell’ammodernamento e della civilizzazione. Perché delle bestie come leoni, tigri, giraffe, elefanti e via dicendo, debbono essere prelevati dal loro habitat e costretti a vagare in lungo e in largo sfruttati con il solo fine di procurare un guadagno in denaro? 

Tuttavia, mi chiedo: cambierebbe qualcosa se ogni circo decidesse a questo punto di addestrare squadre di barboncini o vitelli da allevamento? Secondo me, no. Non cambierebbe assolutamente niente. 

Via tutti gli animali dai circhi, dunque.

Giusto

Allora, perdonatemi, ma tocca essere coerenti. Censuriamo per crudeltà tutto il censurabile. Censuriamo il macellaio, che si arricchisce vendendo bistecche, salsicce e lombate. Censuriamo i negozi che vendono animali: cani, gatti, pesci, conigli, criceti… Censuriamo in toto gli zoo del pianeta, e pure Jannacci che proponeva di andarci tutti quanti tranne uno. Censuriamo i maneggi dove i disgraziati cavalli vengono sfruttati per l’equitazione. Censuriamo tutti i possessori di acquari, pubblici e privati. Censuriamo i vicini che hanno il canarino in gabbia. Censuriamo le fabbriche che producono insetticidi per mosche, zanzare, scarafaggi e formiche: che cos’ha un leone più di una mosca? La mosca se ti incontra per caso neppure ti sbrana. Censuriamo i mendicanti con il cane al seguito, che, povero, solitamente è infestato da zecche e piaghe come il padrone. Censuriamo i contadini, che ancora crescono galline e maiali per poi macellarli… 

Censuriamo, insomma. Ci vuole coerenza. 

A titolo informativo, a me il circo di venerdì è piaciuto. E’ piaciuto anche ai bambini, loro ne sono stati entusiasti. C’erano i trapezisti, i maghi, i clown, le ballerine e una sorta di supereroe che volteggiava attaccato ad un lenzuolo e pareva Batman. C’erano pure due elefanti (un maschio ed una femmina), quattro pellicani, tre dromedari, un asinello, un minuscolo pinguino tenuto in una grossa vasca e i piranha dentro ad un acquario gigantesco. 

Uscendo, la piccola ha spinto per andare a sbirciare lo spiazzo di prato dietro al tendone. Una delle ballerine se ne stava lì a coccolare e a porgere dell'erba da mangiare all'elefantessa; stavano vicine vicine, in un atto confidenziale ed intimo, e l’elefante pareva sul serio accarezzare con la proboscide la testa della ragazza. 

Manco a dire che me ne vado con il circo, ho pensato. Che al giorno d’oggi, pure che lo dici scherzando, ti buttano in un pozzo e mandano orde di topi a rosicchiarti.


venerdì 15 marzo 2019

Uno sguardo soltanto

Le Lettere della Domenica#4




Questo fine settimana vi saluto con una delle Lettere della Domenica. Come ho già spiegato nei precedenti appuntamenti, si tratta di lettere che per un periodo ho goduto a scrivere prendendo spunto dentro e fuori di me. Sopratutto, osservando il mondo. Questa che segue, in particolare, è una lettera che scaturì dalla vista di un uomo in un giorno non lavorativo. Stava seduto attendendo che arrivasse il treno della metropolitana, le mani penzoloni tra le ginocchia, il volto a cercare qualcuno o qualcosa che non gli si palesava. Pensai che aveva un amore che gli pendeva tra le braccia, uno di quegli amori che non tornano. 
Sulla metro scrissi la "sua" lettera, avevo nelle orecchie "Dance me to the end of love" del grande Leonard Cohen.

Buon weekend a tutti!

Uno sguardo soltanto, 
rubato ad un istante di vita...

DOMENICA, 17 marzo ----

“Adorata, Mia,

Sono stato in città, oggi. 

Una domenica differente, calata in un desiderio incerto di evasione. Una domenica tra famiglie e cani portati a spasso, con quel sentore di allegria rassegnata, ferma, genuina che avrei tanto voluto mi appartenesse. 

Sono stato in città e ti ho cercato, in mezzo alla gente, tra la folla di gambe, braccia, teste. Ti ho cercato ed ho sperato che ci fossi; anche solo per un minuto, per un istante, per un battito di ciglia. In metro ho guardato a lungo, finché non è arrivato il treno e mi ha portato via. Come quel giorno, l'ultimo giorno. 

Avrei tanto voluto rivederti. Ho provato a concentrarmi, ad individuarti: maglietta, jeans, scarpe da ginnastica... Nient'altro, ne sono sicuro. Non puoi essere cambiata tanto da non riconoscerti nei tuoi vestiti, nelle tue movenze.

Ma tu non c'eri. Forse ci siamo persi per pochi attimi, tu eri là un pó prima di me, o un pó dopo. Forse il tizio con la valigia grossa ti ha nascosto al mio sguardo in quel frammento di prospettiva nel quale ti avrei scorto. Forse stavi a sinistra delle panchine invece che a destra, dietro la colonna delle scale mobili: non avrei mai potuto vederti.

O forse, semplicemente, non c'eri. Non ci sei più. Da tempo ormai. Gli anni passano e noi non ci siamo: separati dalla vita che scorre e da una città troppo piena, troppo grande.

Non ti ho voluto. Un dolore sordo mi opprime. Sempre, ogni giorno. 

Avevi ragione, non dovevamo vivere di rimpianti. Io e te eravamo fatti per la vita: incastrati, combacianti, pezzi unici ad aggancio naturale.

Dove sei? Dove sei, adesso?

Se solo potessi chiederti perdono, per tutto il dolore, per gli sbagli, per la mia codardia.

Dove sei? ... Se solo tu potessi stringermi ancora una volta, in uno sguardo: uno sguardo soltanto rubato ad un istante di verità.

Una domenica che termina. Inutile, svuotata, priva di forma. Una domenica che c'è stata ma che alla resa dei conti è inesistente. Così come inesistenti sono stati i giorni e le le domeniche dopo di te.
 
In questo stesso momento, sotto questo stesso cielo, a questa stessa ora, tu, invece, esisterai. Altrove. Il mio respiro, forse, riuscirà a sfiorarti: sarà quell'alito di vento che ti accarezzerà la nuca, e da cui ti proteggerai accostando la finestra.

Con amore, sempre,

D.

mercoledì 13 marzo 2019

Marzo pazzerello esci fuori e... trova l'ombrello!

Che l’arrivo della primavera sia un periodo di risveglio dei sensi, è risaputo. 


Quando la primavera è alle porte si sente nell'atmosfera quel non so che di mutamento, di voglia di ricominciare, di natura che si desta, di ormoni che si rimettono in fermento. 

Di ormoni, soprattutto. 

Ieri vado dal medico di famiglia per farmi controllare l’orecchio ancora indolenzito dall'ultima botta influenzale. 

Lo studio è pieno. L’aria è satura. Un misto tra fiato, piedi e sudore. E pensare che nei campi di concentramento ammazzavano la gente addirittura con l’acido cianidrico. 

Prendo il numeretto. Ho il 26, stanno ancora al 7. 

Mi dico, se trovo un posto rimango, altrimenti me ne vado. E’ sempre meglio morire comodi. 

Adocchio una sedia libera, in fondo, accanto ad una signora che mi osserva compiaciuta. Mi precipito. Il bicchiere mezzo pieno è che ho già in mano il romanzo che sto tentando di leggere da settimane: è la mia grande occasione. 

Mi accomodo. Una pungente ventata di orchidea e almeno cinquanta accordi speziati tra agrumi e naftalina mi investono stordendomi all'istante. Starnutisco a ripetizione. 

- Che c’ha una malattia che s’attacca? – La signora è stizzita. Avrà i suoi settant’anni suonati, ma se ne sta con le gambe accavallate strette in calze di una certa fattura, una gonnellina che le lambisce il ginocchio, una paio di tacchi di tutto rispetto, un giacchetto di pelle con bordo pellicciato, un trucco a puntino ed un capello liscio color vinaccia. E’ senza dubbio lei la portatrice sana della nube profumata che potrebbe stendere colonie di zanzare tigri geneticamente modificate e aggressivissime. 

- No, signora… - tento di recuperare il respiro. – Forse è il suo profumo… 

- Ma manco per niente, il mio profumo costa un sacco... 

- E mica le ho detto che l’ha comprato alla bancarella di Sasà lo zozzone. Magari è un po’ forte… 

La signora storce la bocca. – Voi ragazze di oggi non capite niente, per questo che state così messe… 

- Scusi, così messe, come? 

Mi fa un gestaccio con la mano. Ha pure le unghie ricostruite con i graffiti sopra. Si è offesa. L’ultima cosa che voglio è mancare di rispetto ad una persona anziana, nonostante l’abbigliamento osé. 

- Mi perdoni… – cero di recuperare, gentile. – E’ che sono un po’ allergica… 

- Ecco, vede, c’ha una malattia che s’attacca… 

Aridaje. 

- Le allergie non si attaccano… 

- E chi lo dice? 

- Bè… lo sanno tutti… 

- Menzogne. Le farmacie fanno i complotti per farci ammalare. 

- Ehm… forse intende le case farmaceutiche… Tutte quelle polemiche sui medicinali… 

- Io medicine non ne prendo… 

- Se sta bene e non ne ha bisogno… 

- Io sono in salute. Lei perché è venuta qui? 

Tanto lo so che non ha smesso di pensare alla mia malattia infettiva. Sospiro. Metto via il libro, figurarsi se avevo la buona sorte di poter leggere. 

- Perché mi fa male un orecchio… 

- Mmh… - E’ poco convinta. - Con tutti quei capelli là, arriccinuti, le è venuto il mal d’orecchie? 

- Perché, scusi, che hanno i miei capelli? 

- Mah... i capelli ricci non fanno più moda… 

- Ah, ma io non amo seguire la moda… 

- E si vede – dice schifiata. 

Matruzzasanta, perché è toccata a me? Però non voglio battibeccarci. A pelle la sento una donna buona. Una di quelle femmine che non si rassegnano alla vecchiaia ma veritiere nella sostanza. Provo a riportare in salvo il dialogo. 

- Lei perché è qui? – Le sorrido. 

Si rabbonisce. Lo dicevo che non era cattiva. 

- Non per me, io del medico non c’ho bisogno… 

Mi si avvicina con fare confidenziale. - Mio marito è morto venti anni fa… 

Dal tono col quale mi informa evito di dirle che me ne dispiace. Lei proprio dispiaciuta non mi pare.

- Quando è morto, ho conosciuto la vita, ho ripreso la salute… 

Sorrido, un po’ a disagio. 

- E lei è sposata? 

- Ehm… sì, mio marito non è ancora morto… 

Annuisce, greve. – Ma morirà… 

- … 

- Alla televisione hanno detto che le donne vivono sempre più degli uomini… 

- Se l’hanno detto. Però, signora, speriamo che il tutto avvenga il più tardi possibile… No? 

- Solo Dio lo sa… 

- Amen… 

- Quando però suo marito muore, lei deve fare come me… 

Mi agito, la sedia adesso pare essersi trasformata in un tappeto del fachiro. 

La signora prosegue come se fossimo ormai diventate migliori amiche. 

- Si deve fare due o tre compagni… Deve andare alla balera… 

- Alla balera? Quella dove si balla? 

- E certo, ma lei da quale mondo viene? 

- Guardi, ora come ora, me lo sto chiedendo pure io. 

- Comunque, dopo mio marito, io di compagni ne ho avuti tre, tutti belli, sa… L’ultimo, poi, non le dico, come mi stringe lui… Solo che in questi giorni gli è venuta l’intossicazione… 

Prendo la palla al balzo, una virata su un discorso serio. 

- Uh, mi dispiace, avrà mangiato qualcosa che gli ha fatto male… Per questo è venuta dal dottore? 

- Eh sì, gli vorrei far dare un poco di vitamine, mi pare indebolito. E’ che io gli preparo i cibi afrosiaci… 

Perdo anche l’ultima speranza. 

- Afro-Di-siaci… - puntualizzo. 

- No, no, afrosiaci… L’altro giorno gli ho fatto le cozze. Ne avrà mangiate troppe. 

Quand’è che di preciso ho deciso di venire dal medico oggi? 

- E funzionano? Le cozze, intendo… - Rutta pe rutta, ruppimula tutta, come diciamo in Sicilia. 

- Ma che le devo dire, fino a un poco di tempo fa, sì… L’ombrello andava alla grande… 

- L’ombrello…? 

Voglio morire. Neppure a Gioacchino Belli quando scrisse Er padre de li Santi gli è venuto in mente l’ombrello

- Certo, l’ombrello! E’ cosa fondamentale l’ombrello… 

- Ehm... non ho dubbi… 

- Però, sa che le dico… – sorride finalmente pure lei, la signora. Le mancano un paio di incisivi laterali ma ha un sorriso simpatico. – Che con la bella stagione, gli ombrelli vengono al sole come i funghi… Basta uscire fuori che l’ombrello si trova… Io, ora, se gli passa l’intossicazione, bene, sennò… 

Rido, mi bevo le lacrime dalle risate. Con me ride pure un altro tizio che avrà ascoltato l’intera discussione. La signora si alza, è arrivato il suo turno. Prima di andare si china ad abbracciarmi, mi schiocca due baci sulle guance, come si fa tra chi si vuole bene. 

Ricambio. – Signora, lei è meravigliosa… - le dico. - E quel famoso proverbio andrebbe modificato. Sarebbe meglio dire: marzo pazzerello, esci fuori e trova l’ombrello! 

La mia signora ammicca. Sono certa che non pensi più che io abbia una qualsiasi malattia infettiva che rischio di attaccarle.

Immagine da Interner

lunedì 11 marzo 2019

(Non)Sono Normale

#cosestupidemanontroppo(dal web)



L’altro giorno una mia amica mi ha inviato via uozzapp una di quelle tante cose che si mandano in giro perché fanno simpatia.


Lì per lì ho sorriso, più volte si è discusso in tono leggero di chi é “normale” e di chi invece si guarda bene dall'esserlo. 

Io stessa vengo spesso tacciata di non essere "normale" affatto: perché pare io sia svampita, dimentico in blocco ciò che non ritengo importante, non mi accorgo di dettagli che gli altri notano mentre mi impunto su particolari che in pochi vedono, passo via sorvolando su quelle vicende della vita che comportano puntigli o lunghi, inutili e insensati processi, sono disordinata e ritardataria e spesso in pubblico rischio di eccedere per entusiasmo o, viceversa, per dinieghi di fronte  a realtà magari consolidate.  

"Tu non sei normale": e nel ritornello intuisco un misto tra una forma di compatimento per la mia natura ed un pizzico di ammirazione per il coraggio a non volerla contrastare.

Perché cos'è poi la "normalità" se non un concetto “relativo”? Quali criteri definiscono chi è "normale" e chi invece non lo è? Sopratutto, oggi, in base a quale eccezione negativa o positiva bisogna porsi per qualificarsi - o qualificare - in una categoria piuttosto che nell'altra?

Per i tempi in cui viviamo mi viene da pensare ad un’opera pop dell’artista milanese Simone Fugazzotto: una scimmia nell’atto di selfarsi.

A SELFIE A DAY - Olio su cemento di Simone Fugazzotto

La stessa immagine è stata utilizzata per l’editoriale di Cultura e Identità del mese di Marzo, al fine di "raccontare in maniera irriverente da dove veniamo e dove stiamo andando". Non siamo altro che scimmie evolute, sembra voglia dire Fugazzotto. E meno male, dico io. Che ci siamo evoluti. E' giusto che si seguano i tempi, è giusto che si ricorra alla tecnologia, ai social, agli strumenti che abbiamo a disposizione per esprimerci, per collegarci al mondo. In questo senso, la "normalità" ben venga: chi non si "normalizza" è destinato a rimanere fuori.

Allora, forse, non è "normale" chi del nostro tempo evoluto ne fa una gabbia, un auto-castrazione della propria personalità, del proprio pensiero, e, parallelamente, non è "normale" - anzi, è "straordinario" - chi, dalla stessa piattaforma, riesce ancora a guardare oltre, a rimanere fedele alla propria autenticità, a far fiorire comunque valori e bellezza  di vita.

Che poi, chissà perché la mia amica è così felice di non essere normale. Mica l'ho capito. Magari la chiamo e glielo chiedo...

E voi, quanto "normali" vi sentite? :D

venerdì 8 marzo 2019

#paroleimmaginate - FRANCESCO MUSANTE

La parole sono la cosa più preziosa che abbiamo. Le parole sono il mezzo  per esprimerci, per creare legami, per fermare i pensieri, per delineare tutta una vita. Le parole scritte, poi, sono la nostra eredità, la traccia che di noi lasciamo nel mondo. 

Senza parole non siamo niente. Senza parole non siamo nessuno.

Ci sono artisti che immaginano le parole e ne fanno qualcosa di più raro: una sorta di commistione tra la fantasia del cuore e la sensibilità del linguaggio.

Uno di questi è Francesco Musante.

La prima volta che ho avuto modo di ammirare le serigrafie di Musante mi trovavo a Firenze
Nella vetrina di un piccolo negozio d'arte stazionava l'esposizione di alcune stampe uniche nel loro genere. Si trattava di riproduzioni molto colorate nelle quali era rappresentato un mondo fatato abitato da personaggi  che sembravano scaturire direttamente dalla matita di un mago.

 Sopratutto, rimasi colpita dalle parole segnate ai margini dei disegni, piccoli stralci che narravano il senso di quello che stavo guardando o comunque il sogno dell'artista proiettato  nell'unione delle immagini e delle frasi assolutamente inscindibili tra di loro. Il disegno senza frase o la frase senza disegno non avrebbero avuto il medesimo impatto.

Francesco Musante - Serigrafia
Francesco Musante - Serigrafia


Le parole immaginate: così ho soprannominato questo modo di fare arte. E da quel giorno ho dato il via a delle specifiche ricerche e, pur non essendo una grande disegnatrice, ho  preso l'abitudine di riempire le mie agende con scarabocchi di vario genere accompagnate da parole che scaturiscono in un flusso libero di idee ed emozioni.

E' terapeutico, sapete. Terapeutico e liberatorio. Non serve essere talentuosi o chissà quali grandi artisti: basta solo regalarsi alcuni minuti e perdersi tra una forma ed un pensiero, senza alcuna menzogna, senza nessuna costrizione.

La felicità risiede nelle piccole cose, forse anche nella minuscola rappresentazione di noi stessi.

Questa è la mia parola immaginata di oggi:

8 Marzo 2019 - Chi dice che a testa in giù
io non possa sognare? Io sono donna,
ad occhi chiusi ho occhi per guardare e cuore per vedere...

E voi, vi siete mai dedicati ad un'attività simile? Vi andrebbe di provare? Se siete in vena di sperimentare, inviatemi le vostre #paroleimmaginate, sarò felice di dedicare a ciascuno uno spazio sul mio blog e di discuterne insieme... (irenezav@gmail.com). 
Buon fine settimana a tutti voi <3 


mercoledì 6 marzo 2019

Chi è nato a Marzo?



Da sempre mi piace spulciare le date di nascita dei personaggi famosi. In particolare mi appassionano i natali di scrittori e poeti e di altre figure che hanno dato un contributo alla letteratura o che hanno dimostrato un particolare sentire poetico.

Siete pronti? Ecco chi è nato questo mese con l'aggiunta di qualche chicca sugli illustri nomi che festeggiano la propria nascita a Marzo.


  • Il 1 MARZO del 40 d.C. nasce a Bilbilis (Spagna) MARCO VALERIO MARZIALE, poeta romano noto per essere stato il più importante epigrammista in lingua latina. L'epigramma è un componimento poetico che si contraddistingue per la sua brevità e per il carattere dedicatorio. Marziale doveva di sicuro essere un tipo spiritoso e spigliato, infatti tra i suoi epigrammi si trovano componimenti d'ogni genere, da quelli funerari, a quelli di burla nei confronti di tutte le classi sociali, da quelli erotici, a quelli di accompagno ai doni da inviare ai conoscenti ed amici.
"Lex haec carminibus data est iocosis, 10
Ne possint, nisi pruriant, iuvare."

"Questa è la legge stabilita per le poesie giocose: 
 possono divertire solo se sono pruriginose."
(Marco Valerio Marziale)

  • Il 4 MARZO del 1943 nasce a Bologna LUCIO DALLA, cantautore e compositore italiano. A parte la grande poeticità elevata all'ennesimo significato di tutti i testi di Lucio che ne fanno oltre che un cantante un vero poeta, dopo la sua morte, avvenuta il 1 marzo del 2012 a Montreux, l'autore, la sua vita e le sue canzoni sono state oggetto di tantissima letteratura biografica e addirittura di un libro per bambini intitolato "Attenti al Lupo".


"Ma l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale."
(da Disperato erotico stomp)









  • Il 5 MARZO del 1922 nasce, sempre a Bologna, PIER PAOLO PASOLINI, scrittore, giornalista e regista italiano. Pasolini si dedicò anche alla pittura. Dipingeva sopratutto se stesso, per scavare nel suo io e risanare ferite aperte. 
Autoritratto - Pier Paolo Pasolini
          Di lui Massimo Troisi disse:

"Quando penso a Pasolini, 
a come agiva rispetto alla società, 
alle cose, mi stimo molto poco."









  • Il 6 MARZO del 1927 nasce ad Aracataca (Colombia) GABRIEL GARCìA MARQUEZ, scrittore e giornalista colombiano.
          Per chi non lo sapesse, Gabriel, detto Gabo, fu il primo di 16 figli, sua madre Luisa era una chiaroveggente ed il padre un telegrafista. Insomma, come si svolgesse la giornata tipo in casa Márquez non riesco a figurarmelo, tuttavia, a quanto pare, Gabriel ne trasse giovamento per diventare il grande scrittore che tutti conosciamo.
Gabriel García Márquez

"La vita non è quella che si è vissuta, 
ma quella che si ricorda "
(Gabriel García Márquez)





  • L'11 MARZO del 1544 nasce a Sorrento TORQUATO TASSO, poeta, scrittore e drammaturgo italiano.

Torquato Tasso
Il povero Torquato, ad un certo punto della sua vita, svalvolò di brutto. Nel 1575, posseduto da manie di persecuzione e scarsa stima per le sue opere, finì per attirare molte antipatie. Addirittura, in un'occasione, scagliò un coltello contro un servo dal quale si sentiva spiato durante un colloquio con Eleonora D'Este. Non contento, nel 1579, durante i festeggiamenti per le nozze del duca Alfonso con Margerita Gonzala, credendosi deriso, si mise ad inveire contro il duca, provocando una scenata. Oggi avremmo detto che era finito in una tremenda depressione, all'epoca lo misero in carcere per  sette anni e si levarano il pensiero. 
“Ahi, cieca umana mente, 
come i giudizi tuoi son vani e torti!”
(Torquato Tasso)


  • Il 13 MARZO del 1960 nasce a Correggio LUCIANO LIGABUE, cantautore italiano di grande successo

Luciano è il nipote di Marcello Ligabue, partigiano che si distinse durante la Resistenza.
Luciano Ligabue
Prima di sfondare nel mondo della musica, Liga ha svolto tantissimi lavori, è stato bracciante agricolo, ragioniere, commerciante, operaio, promoter; insomma, occupazioni che tutto avrebbero potuto presagire tranne che sarebbe diventato un cantante. 
"Niente paura, niente paura 
Niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così..."
(da Niente Paura - di Ligabue)



  • Il 16 MARZO del 1920 nasce a Santarcangelo di Romagna TONINO GUERRA, poeta, scrittore e sceneggiatore italiano.
Tonino, diminutivo di Antonio, fu un maestro delle scuole elementari. Durante la seconda guerra mondiale venne deportato in un campo di prigionia in Germania dove si distinse per la sua umanità e per recitare a memoria dei sonetti romagnoli in modo da alleviare le pene dei suoi compagni di prigionia. 
Terminata la guerra, egli avviò la sua splendida carriera che sfociò in numerose espressioni artistiche
E se state cercando di visualizzare l'immagine di Tonino Guerra, non dovreste poi sforzarvi tanto.
Ve lo ricordate il tormentone della catena Unieuro sbucato in un spot nel lontano 2001?
Tonino Guerra - dallo spot Unieuro
 
"Gianni, l'ottimismo è il profumo della vita!"

Era lui, era Tonino a pronunciarla, con quella sua inconfondibile espressione di immenso amore per la vita e pura fede nelle cose belle che essa riserva.

  • Il 21 MARZO del 1931 nasce a Miliano ALDA MERINI, poetessa e scrittrice italiana.
Alda Merini
Di Alda si conosce ampiamente la sua vita travagliata e segnata dal suo fragile equilibrio psichico che tuttavia non le ha impedito di diventare la poetessa forse più sentita del panorama poetico italiano.  
E' curioso scoprire che la Merini venne bocciata all'esame di ammissione per il Liceo Manzoni e che, una volta raggiunto il successo,  generosa, donò parte del denaro vinto con l’assegnazione del Premio Montale Guggenheim ad alcuni barboni che incontrava per strada
Roberto Vecchioni nel 1999 scrisse e dedicò una canzone alla poetessa intitolata “Canzone per Alda Merini”.
"Dalla casa dei pazzi, da una nebbia lontana, 
com'è dolce il ricordo di Dino Campana; 
perchè basta anche un niente per essere felici,
basta vivere come le cose che dici, 
e dividerti in tutti gli amori che hai 
per non perderti, perderti, perderti mai."
(Da Canzone per Alda Merini - di R.Vecchioni)

  • Il 23 MARZO del 1945 nasce a Risposto FRANCO BATTIATO, cantautore e compositore italiano.
Ma chi oserebbe negare che Battiato non sia anche un eccellente poeta
Franco Battiato
Battiato è l'artista che più ha osato sperimentare in ambito musicale toccando apici  di avanguardia ed innovazione ed interessandosi, oltre che alla musica, all'esoterismo ed alla filosofia.  
Pare che i suoi collaboratori si siano sempre rivolti a lui chiamandolo "Maestro", persino quelli più fidati come il violinista Giusto Pio ed il filosofo Manlio Sgalambro.
Nel 2018, una poesia a lui dedicata dall'amico Roberto Ferri ed intitolata "Ode all'amico che fu e che non mi riconosce più" ha scatenato il panico tra i fans, facendo supporre per l'artista una malattia degenerativa che non gli lascia scampo.

"Ci hai fatto ballare e pensare 
ed anche ridere e giocare 
condannando i malvagi ed il male 
e questa Povera Patria che non vuol morire 
Ti sei preso Cura di noi e noi te lo dobbiamo. 
ed è per questo che un messaggio ti mandiamo 
Ripetendoti la frase che ci insegnasti ahimè ... 
rimani tranquillo caro che noi avremo Cura di te ..."
(dalla poesia di R. Ferri)

  • Il 28 MARZO del 1817 nasce a Morra Irpina FRANCESCO DE SANCTIS, scrittore, critico letterario, filosofo, politico e Ministro della Pubblica Istruzione.
Francesco De Sanctis
De Sanctis fu anche un insegnante. Sospeso dall'insegnamento dopo la sua attiva partecipazione ai moti del 1848, visse un periodo di prigionia durante il quale si diede alla lettura ed allo studio di Hegel compiendo lo sforzo di imparare il tedesco - quando si dice, gli uomini di un tempo. 
Scrisse De Sanctis in un saggio critico su Beatrice Cenci:
"...la semplicità è compagna della verità come la modestia è del sapere."
La sfida rimane riuscire a fare nostro questo insegnamento.

Qui termina la mia personale carrellata di scrittori, poeti & co. nati nel mese di Marzo. Se siete nati in questo mese, se il vostro compleanno coincide con uno dei nomi illustri citati, se avete un'altra data e un'altra conoscenza da aggiungere... lasciate un cenno. Sarò lieta di aggiornare il post e magari di farvi gli auguri in tempo.