martedì 24 dicembre 2019

Il Cuore ha Sempre Ragione

Sono passati diversi mesi. A me, personalmente, pare sia passata una vita. Quando accadono tante cose e tutti insieme il tempo si dilata. Sono assente. Assente cronica, come una patologia. Dal blog, certo. Non ho più il tempo di curarlo, di starci dietro, di farlo vivere. Per un pò non ne ho avuto neanche la voglia. Effetti collaterali dello sbattimento e di una discreta dose di dolore. E non è che non scrivo, che non butto giù fiumi di parole nei buchi notturni o quando faccio la fila in tutti quei posti là dove si fa la fila; è che il blog, diciamolo, è una cosa differente. Scrivere un blog è come stare in piazza a berti una birra sul muretto con gli amici. Ci sono le interazioni, il desiderio di fermarti ad ascoltare quello che hanno da dire gli altri, lo scambio di battute, il restauro degli animi. Ecco, per fare questo ci vuole anche tempo. Un minimo ci vuole: se lo devi fare a cazzo tanto vale lasciare perdere.
Ma oggi è la Vigilia. Dopo tutta questa assenza vorrei dirvi qualcosa di bello, di costruttivo, di sentito. L'altro giorno mi hanno mandato una cosa carina, una di quelle favole minuscole che passano da un uozzapp all'altro. La regalo a Voi, perché mi è piaciuta, mi ha colpito, mi è rimasta negli occhi. Leggete:

"Un giorno un uomo ricco consegnò un cesto di spazzatura ad un uomo povero. L’uomo povero gli sorrise e se ne andò col cesto, poi lo svuotò, lo lavò e lo riempì di fiori bellissimi. Ritornò dall'uomo ricco e glielo diede.
L’uomo ricco si stupì e gli disse: «Perché mi hai donato fiori bellissimi se io ti ho dato la spazzatura?».
E l’uomo povero disse: «Ogni persona dà ciò che ha nel cuore»."

L'altro cosa a caso che mi viene da pensare oggi è che Il Cuore Ha Sempre Ragione. Lo dicono in tanti, fa figo. Però è vero, il cuore, se lo si ascolta attentamente e senza forzature, ha sempre ragione. Il cuore, quel grumo di magia luminosa che ciascuno possiede al centro della propria essenza, è la nostra bussola, l'unica che possediamo, l'unica in grado di mostrarci, nel bene e nel male, la via per la felicità. 
Perché, forse, per essere felici non ci vuole poi tanto. 
Perché, forse, per essere felici basterebbe solo rimanere fedeli a se stessi.

Allora, quello che vi auguro oggi è che ciascuno non perda mai la propria identità. Che in mezzo a tutto il dolore, la merda del mondo, i colpi e contraccolpi della vita, Voi tutti possiate continuare ad essere Voi Stessi. E se nel cuore avete fiori, continuate a dare fiori, sempre e comunque, anche quando avete chiaro il sentore che l'universo intero non lo meriti.

Ecco, questo il mio Augurio. Abbracciandovi forte forte e lasciando un bacio sulla punta delle dita per ciascuno.

Con amore,

Irene







domenica 18 agosto 2019

Eravamo in vacanza...

Eravamo. Fino a domenica scorsa. Da una settimana, circa. La Sicilia: voluta, anelata, desiderata, per mesi. 
In vacanza, in Sicilia, per tre settimane. 

Poi, un contrattempo. Una cosa di salute di un familiare. Niente di prevedibile o augurabile. Siamo dovuti tornare a Roma. Con grande rammarico, con la preoccupazione per l’altra situazione, con la pena nel cuore per i bambini che avevano appena incrociato il mare, i castelli di sabbia, i tuffi. 

E vabbè. Chiusa una porta si apre un portone. L’importante è cercare di prendere sempre il buono, scongiurare l’indicibile, riposizionare il presente per ricomporre il futuro. 

Chiusa una porta si apre un portone. In termini di vacanza ci sarebbe da figurarsi una crociera di culo a novembre. 

Anche se non sarà, sognare è sempre un toccasana. 

Che poi, l’autostrada, al rientro, era vuota. Ed è vuota pure la città. Sono vuoti il cinema, la piscina vicino casa, i supermercati. E quando ti ricapita di vedere Roma così svuotata di tutto il caos! 

E, diciamocela tutta, la pena era per i bambini, ma i bambini son quelli che se la godono comunque. Si entusiasmano e ridono di tutto sto deserto improvviso. Che bello, che bello, sono scappati via tutti, tutto è qui per noi, che fantastico che siamo tornati, in barba a tutti quelli che sono andati. 

Come si fa a non condividerne la gioia? 

Non fa neppure troppo caldo. Le vacanze sono andate, ma l’estate, tutto sommato, ancora no. Penso al futuro, a quando saremo ancora in vacanza, a quando tutto sarà andato per il meglio – perché tutto andrà per il meglio, lo sto imparando, lo faccio mio, incomincio a crederci. “Il futuro si costruisce secondo su secondo, senza condizioni, senza premi o punizioni. Dritti dove si vuole andare.” – e uno a caso di noi dirà: ma ti ricordi quell'estate che tornammo prima? Che estate era? C’era un tramonto divino in autostrada, prima di entrare a Roma…


sabato 10 agosto 2019

Da dove vi scrivo


Vi scrivo dalla Sicilia, ormai lo avrete capito. Da Messina, per essere più precisi. Ma, da dove vi scrivo? Dove vado poggiando tastiera e mouse per lasciare traccia e condividere con voi sfumature di queste vacanze così agognate?

Siamo ospiti in una casa antica. Sotto l'ala protettiva di uno zio che a 92 anni è ancora un giovanotto.

C'è il mare, il pilone, le straduzze di pietra, il panificio che elargisce odore di pane appena sfornato a tutte le ore, ci sono le stanze coi soffitti alti, le pale dei ventilatori che girano lente tutto il dì, ci sono i mobili con le ante che raffigurano il quartiere circostante, c'è un giardinetto con un pozzo, un limone e un filo carico di panni ad asciugare.

Ci sono pure della scale. Scale esterne, strette e logorate dal tempo. Nessuno le ha più curate, nessuno le percorre. Salgono dritte verso il cielo di onde azzurre e si fermano languide su di una vecchia terrazza. Un tempo, da questa stessa terrazza si vedeva il mare, prima che costruissero tutto intorno alla casa.

Arrivi su questa terrazza come si può giungere in un bosco sperduto: in mezzo c'è una costruzione. Una piccola costruzione apparentemente abbandonata. Anzi, abbandonata-abbandonata. Ma la porta tiene bene e la si può persino chiudere a chiave.

Ecco, io vi scrivo da qui. Da dietro questa porta, su di un piccolo banco preso in prestito una ventina d'anni fa dalla vicina scuola e con il sogno impossibile di poter impacchettare questa stanza scalcinata, con la piccola finestra che soffia brezza marina, con le scale che vi ci conducono e la terrazza scrostata che la accoglie, e portarmele in valigia come fossero l'unico e inestimabile lusso che ho sempre desiderato in tutta una vita. 

A poterlo fare.





E voi, avete cambiato luogo di scrittura adesso che è estate o scrivete sempre dallo stesso magico angolo? Raccontatemi. Oh, sì, se vi fa piacere, è così bello intrecciare i luoghi dai quali ciascuno di noi dona agli altri pezzetti di sè.

mercoledì 7 agosto 2019

Siamo arrivati all'alba


Questa volta siamo partiti quando Roma era già ammantata di notte e la serata estiva si era da poco riversata per le strade.

La gente andava al centro commerciale. C’era un evento. Si può mai perdere un evento estivo serale al centro commerciale?

Mi ha preso una strana smania di fuggire via, di farlo il più presto possibile. Prima che si verificasse un impedimento qualsiasi in grado di bloccarci: una gomma forata, un guasto al motore, un’improvvisa febbre dei bambini.

Andiamo via, finché siamo in tempo. Lasciamoci alle spalle le luci del multisala e dei negozi che sparano nella semioscurità come il ricaricatore a corrente del raid antizanzare. 

Chissà perché i viaggi al buio passano prima. La notte è sempre più breve. L’oscurità smussa il dilatarsi del tempo.

L’autostrada è diventata un nastro molle, come quello dei cartoni animati, da percorrere sulle ali svelte del desiderio di arrivare.

Prima dell’alba stavamo a Villa San Giovanni. Le fauci benevole della nave ad accoglierci come un Pinocchio e un Babbo mancati troppo a lungo.

Vieni Spisidda, vieni che mamma ti fa vedere il mare ancora addormentato e le luci vive del porto. Non è ancora l’alba, ma ci avvolgono i corpi voluttuosi e tiepidi di queste due terre amanti che si lambiscono ed amoreggiano attraverso il mare. Siamo come feti nel liquido amniotico contenuto nella grande pancia della vita. 

Ce la siamo meritata questa attesa, questa gravidanza che ci fa rinascere sull'altra Costa. 

Siamo in Sicilia che il sole è appena spuntato. 

È l’Alba. Un’alba che attendeva solo noi, coi pescatori che salutano e i bar socchiusi che lasciano andare l’odore tenero di briosce appena sfornate e di sale chsi appoggia ai davanzali.

Villa San Giovanni - 3 agosto 2019

domenica 30 giugno 2019

Dalla pace del mare lontano

Ci sono canzoni che ti si incastrano sotto pelle. In certi periodi. Succede. Le ascolti un po’ per caso, un po’ perché le canzoni le chiami, le desideri. E dunque, le senti mentre vai: sul raccordo, in mezzo alla calura, tra l’indifferenza del traffico. Nessuno si accorge del miracolo che si sta compiendo, di te e di quella canzone. Tutte le mattine, chilometro dopo chilometro, una canzone per caso o guidata dal fato che ti si cala dentro come fosse musica oltre la musica. E ti placa. 

Sì, ti placa. 

La pace arriva da orizzonti imperscrutabili

La pace dal mare lontano ha la forma della tua anima, esisteva già prima che la parola stessa prendesse forma tra le note. E’ questo il primo quesito svelato. Torni sempre al mare, alla sua pace. Fa parte di te. 

La pace dal mare lontano è come un abbraccio in cui ti incastri a perfezione, con il capo poggiato su una spalla e onde verdi in lontananza. E’ una canzone, ma è come labbra poggiate su labbra che mormorano di un punto lontano all'orizzonte, così lontano dalle case e dal porto, dove la voce delle cose più care è soltanto un ricordo

E’ soltanto una canzone, ma ti accarezza come fosse vento di ponente in mezzo all'afa, come zefiro che soffia sul cuore e tra i pensieri. 

E’ una canzone, nient’altro, ma puoi sempre riascoltarla e colmarti. Fin quando ti andrà, fin quando vi troverai grazia e trasporto, fino a quando l’emozione si commuoverà di stupore e, riascoltandola, ti sentirai migliore. 

Puoi riascoltarla e riascoltarla ancora. 

Una canzone non svanisce. Una canzone la impari poco a poco. E’ soltanto una canzone, ma sembra quasi una preghiera. 

Venga la pace dal mare lontano 

Venga il silenzio dalle onde.

"Dalla pace del mare lontano" di Sergio Cammariere

*tributo ad una delle canzoni che più amo di uno degli autori che più stimo.

domenica 16 giugno 2019

BREVE STORIA DI DOMENICA

Il Nero

È di domenica che succedono cose ordinarie. E brevi. 


Frammenti di incontri.

Racconti minuscoli.

Sta in fila alla cassa ad aspettare il turno, il suo.

Respira il fresco da aria sparata a mille, grondante di noia - il fresco -, aizzato da cestini semivuoti: la spesa è già stata fatta ieri.

Domenica al supermercato è un acquario. Senza pesci, senza acqua, senza sassi. Vuoto.

Il Tizio davanti parla. “Ah… che periodo nero…” dice al nulla.

Tutti noi conosciamo il Nero come il buio, come il niente, come il male, come un non colore o l'assenza di esso. Eppure, se prendi una tavolozza di colori e li mischi tutti assieme, il risultato è sempre e solo uno, il Nero. Allora, il Nero non è l'assenza di colore, è tutti i colori messi assieme, e tu, che navighi nel Nero, non devi far altro che pescare un colore, uno solo, il Tuo.

È una riflessione, un ricordo, una verità di cui si è impossessato molto tempo prima. Potrebbe dirlo al tizio, svelargli perché zitto, zitto, sorride.

Ma è domenica. Paga e guizza via. Come un pesce in un acquario.

Un acquario, di Domenica.

Per lasciarvi il mio saluto ed il mio abbraccio di domenica, che ormai solo di domenica ci riesco... 

lunedì 27 maggio 2019

Pensa a tutta la bellezza...

Andare a votare da sempre buoni frutti.

Le scuole rimangono territori di stimolo e di crescita personale.  Senza studenti e docenti, allestite per i seggi, sono come luoghi di culto in attesa dei fedeli, pronte a porgere icone e modelli agli occasionali avventori in grado di guardare, di ascoltare, di annusare...

Io ho immortalato.
In particolare, questo che vi mostro.

Scuola Primaria - Roma

Vorrei una parete uguale a casa mia. Chissà che non decida di crearmela.

Intanto, vi lascio con un invito.

Se vi va, scrivete nei commenti la prima cosa bella che vi viene in mente pensando a ciò che vi circonda. E poi, siate felici.

Un buon inizio di settimana. A ciascuno <3

martedì 21 maggio 2019

Torno presto, come la primavera

Ieri, poco prima del tramonto, è uscito uno spiraglio di sole. 
E' piovuto per giorni. E' piovuto su maggio, su questa primavera inoltrata. 
E' piovuto. Era il cielo che piangeva sulle cose belle e su quelle brutte, sulle buone intenzioni e sugli scazzi della gente.
E' piovuto anche sulla vita spezzata di quell'uomo ucciso in bicicletta, alle porte del raccordo. Un camion se l'è trascino per una decina di metri, il conducente non l'aveva visto.
Poteva mai pedalare sotto l'acqua  nella via più trafficata in orario di punta? Lo hanno detto tutti. Nessuno si è chiesto da dove quel ciclista venisse, dove andasse, che sedimento di esistenza abbia lasciato. 
Hanno chiuso il raccordo, però. E questo ha fatto inalberare le folle. C'ero anche io. Le macchine si accalcavano le une sulle altre. Sono tornata per le vie interne delle campagne romane, mi sono persa in una specie di dolore sordo, col navigatore che non indicava quello che effettivamente avrei voluto: tra trecento metri svolta a destra per entrare in un mondo migliore.

Dunque, è piovuto. Sulle piccole vite inconsistenti di chi è solo l'universo di se stesso. Sul palmo fetente di quel passante che ha raccolto il portafoglio del ciclista in mezzo al marasma di schegge di casco, di sangue e di bici ed è corso al primo bancomat a prelevare il massimo prelevabile. Cinquecento euro per una vita lasciata ad esalare l'ultimo respiro in mezzo all'asfalto di Via Tiburtina, tra la pioggia, l'indifferenza e le bestemmie di chi rientrava a casa.

Stamattina non si capisce che vuole fare. Il tempo, intendo. Sono le 6 e 36, c'è una nebbia sottile ed un cielo fitto di metà novembre. Io vorrei rimanere qui, a scrivere, a leggervi.

Invece, vado. Devo.

Torno presto, come la primavera.


sabato 11 maggio 2019

Nitidi

No, niente. Niente rubriche. Vanno in pausa per un po’, le mie rubriche. Non sono per le cadenze. Cado e basta, in caduta libera, con la mia unica ala pindarica

Non cado per spiaccicarmi, cado per volare. È una cosa buona. 

Ve lo dico in un altro modo: Sto Incasinata. Assai. Accadono cose e accadono tutte insieme. 

Si va. Verso nuovi lidi, incontro a nuovi progetti, di faccia a tutte le novità che ho preteso. 

Urge scrittura di pancia. Come quando ero studentessa ed andavo. Per bar, per aule, per periferie, per stanze accomunate di teste e di speranze. 

Una volta lessi una scrittrice che aveva letto di una scrittrice che diceva che chi scrive, scrive sempre, qualsiasi cosa accada. 

Allora, scriviamo. In mezzo al traffico, in fila al supermercato, sui mezzi pubblici.  

Sono in metro, adesso. No, non proprio adesso, ma lo sono nel ricordo fresco di appena un giorno. 

Mi guardo intorno e mi accorgo che succede un fatto. 

C’è una cosa che fa tutta la gente, tutte le mattine, stipata dentro i vagoni o gli abitacoli che trasudano di corpi ammassati: fa finta che l’altra gente non esiste. A pensarci, è un fatto sconcertante. 

Una volta, però, dal finestrino di un regionale ho visto un uomo con un ombrello aperto camminare sul dorso più lontano di una delle verdi piccole colline che costeggiano la ferrovia. 

Quel giorno ho pensato che l’essere umano non è poi così male. L’uomo ha centomila difetti, ma possiede il pregio di trattenere i desideri. I desideri: un’emozione, un amore, una passione, la volontà di vedere lo sconosciuto che ci respira accanto, l’intenzione di tendere una mano - non svaniscono. Piuttosto, nel tempo, diventano ancora più nitidi, i desideri. Come la figura di quell’uomo stagliata contro il verde dell’erba bagnata e del grigio del cielo. 

Nitidi.


lunedì 6 maggio 2019

Emily la solitaria

Oggi sarebbe toccato al post sui compleanni di maggio. Considerato, tuttavia, che io non riesco ad organizzare neanche mezzo secondo della mia vita, figurarsi i post del blog. Perciò, i compleanni di poeti e scrittori ve li ciuccer  godrete non appena mi avanzerà una notte per metterli insieme. 

Nel frattempo, ieri, dopo pranzo, mi è accaduta quella cosa strana di impantanarmi in un un'emozione con un'identità ben precisa. Già che il baccalà di mia suocera mi viene pesante, già che pioveva e mi andava solo di defilarmi a terminare la digestione sotto a un plaid con le mani unte e paffute dei miei figli a carezzarmi ma avevo distribuito inviti a destra e a manca per trascorrere un pomeriggio in allegria, già che ultimamente ho l'ormone avvelenato e mi riesce di disinnescarlo solo con lunghe e terapeutiche sedute di scrittura intima e ritirata, insomma, senza sapere né come né perché, all'improvviso, mi si è piazzata davanti Lei, Emily, quella famosa, quella che conosciamo tutti: Emily Dickinson, la poetessa.  

E mò che vuoi, Emy? Che ti ho fatto? Ti ho trascurata? Non ti ho voluto bene abbastanza? Te la sei presa che ho messo tutti i tuoi volumi negli scatoloni in garage? Che ti ci posso fare, qua siamo in 4 in 60 metri quadri... Non so se ti rendi conto.

A che pensi? mi ha chiesto il Consorte.
A Emily Dickinson, ho detto io.
Annamo bene, ha fatto lui. E se n'è andato, che tanto lo sa che quando mi piglia lo sghiribizzo di una poetessa è meglio farsi da parte e lasciarci discutere tra donne.

Ho continuato a pensare ad Emily per l'intera giornata. Ero concentrata su un aspetto della sua vita che forse non conoscono in molti. 

Emily ha vissuto la sua esistenza in un'assoluta e quasi esclusiva solitudine. A ventitré anni si è rintanata nella sua stanza e ti saluto mondo. Si è addirittura scritto che non uscì dalla camera neppure in occasione della morte del padre che pure amava di un amore appassionato. Se ne stava chiusa, semplicemente; a scrivere poesie e lettere che inviava ad amici intimi e ad amori distanti conosciuti nei pochissimi viaggi intrapresi.

Certo, beata lei, che non doveva uscire per andare a lavorare, a fare la spesa, a pagare le bollette, ad accompagnare i figli o i nipoti a scuola... Ci vuole anche cul una certa dose di fortuna nella vita. Il padre si sarà rivoltato sul letto di morte: mantenerla tutto il tempo e poi manco una rampa di scala per fargli un ultimo saluto, una sbirciata prima del lungo viaggio... 

Se fosse vissuta ai tempi nostri, forse sarebbe diventata una social-dipendente, Emily. Di certo, l'avrebbero trascinata da uno bravo e l'avrebbero magari riposta in una comunità di recupero.

Questione di tempi: una volta essere eccentrici risultava più semplice.

Meno male che Emily è nata nel 1830, meno male che è stata quello che è stata. Ci vuole coraggio ad essere se stessi. 

Meno male che gli scatoloni con le sue opere non erano finiti proprio dietro la catasta della mia biblioteca impacchettata.

Meno male che oggi Lei sia di nuovo qui, a rammentarmi che Noi che abbiamo l’anima moriamo più spesso, ma che la vita non è mai vissuta invano. Perché


Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.









martedì 30 aprile 2019

Tocca prenderla con... filosofia [5] - Cambiamo il destino: Osiamo


Sono stata lontana da questi lidi per due settimane.

Ho tagliato i traguardi astratti del tempo che passa soffiando su candeline incastrate nella panna montata.

Sono partita e sono tornata.

Spartiacque temporali che scandiscono la vita.

Sono utili. Bisogna sempre crearsi dei piccoli riavvii. 

Così, ci si riformula. Si muta benevolmente, perché una grande verità è che possiamo essere meglio di ciò che siamo, di quel che siamo stati.

Oggi, pertanto, mi sento molto ispirata. Sopratutto, strabordo di buoni propositi.


Che ci azzecca tutto questo con la puntata mensile di me che vi parlo in maniera cazzeggiosa di filosofi e di accenni di filosofia?

Ecco, con una casualità da congiunzione astrale ed in tema con lo spirito attuale, negli ultimi dieci giorni mi è capitato di imbattermi in tre differenti spunti che mi è sembrato d'obbligo condividere.

1 - Leopardi 

Il primo a fare capolino, sbucando fuori da un vecchio libro di Romano Battaglia,  è stato Leopardi
Su Giacomo se ne sono dette tante. Che era pessimista, che portava sfiga, che Silvia non lo calcolava, che è morto vergine, che non fosse un filosofo. Di tutte le dicerie, l'ultima è certamente quella con cui sono meno d'accordo. Nonostante numerosi studiosi del filone laicista italiano, da De Sanctis a Croce passando per Gentile, dibattendo sulle sue opere, abbiano negato il rigore e l'oggettività che rendono uno studio filosofico tale, io lo Zibaldone un pò me lo sono letto, e, citando paro paro Giovanni Ipavec, sono tanti e tali i pensieri sull’anima, la metafisica, la religione, la società, la natura, la morale, che l’opera [del poeta], ancorché disorganica e non sistematica, ben potrebbe configurarsi come trattato filosofico.

Ad ogni modo, la pillola di pensiero che tiriamo fuori oggi è la seguente:


E vi pare niente? 

2- Lo sconosciuto Ben Herbster

In concomitanza a Leopardi, giusto un paio di giorni dopo, mi cade l'occhio su un pensiero alquanto filosofico che sosta su una pagina internet aperta per caso mentre faccio una ricerca d'altro genere:

 “Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.”

Ben Herbster


Ora, chi sia Ben Herbster non ve lo so specificare. Ho fatto un'indagine senza ricavarne nulla. Se qualcuno possiede qualche nozione su Ben si faccia avanti.

Nel frattempo, sottolineare il più grande spreco nel mondo, vi pare niente?


3- Il bar Megna e Seneca

Il giorno prima di ripartire dal paesello di nonna, in Calabria, faccio, infine, un salto a salutare qualche amico. Ci godiamo l'ultimo aperitivo nel bar Megna, uno dei bar che stazionano di fronte alla Villa Comunale - [della Villa ne parlai qui].
Qualcuno, proprio quella mattina, ha scritto sulla lavagna del locale una frase nuova, differente da quelle che avevo sbirciato nelle capatine precedenti.


Ci penso e ci ripenso. Mi torna in mente che qualcun altro ha detto qualcosa di simile. Qualcuno che conta, uno dei boss della filosofia. Rinfresco le tracce che mi riconducono a Lui, a Seneca. Ripesco l'aforisma:

 

“Non è perché le cose sono difficili 

che non osiamo farle; 

è perché non osiamo farle 

che le cose sono difficili.” 

Seneca



E allora, tre su tre, mi dico che è il momento. Bisogna cogliere i segnali, andarci di petto, tentare di mettere la filosofia al nostro servizio.

Che poi, di approfonditamente filosofico questo post ha veramente poco, ma i trattati e gli studi seri li lascio fare a chi di competenza. Io mi limito a condividere con Voi spunti, speranze, ottimismo: un pò di sana filosofia spiccia, detta in altro modo.

Pertanto, non mi  rimane che ribadirvelo, sopratutto perché menti geniali lo hanno proclamato e già da tempo:

Fino all'ultimo istante della nostra vita possiamo cambiare il nostro destino. Non sprechiamoci in qualcosa di meno di quello che potremmo essere. Osiamo. Osare è probabilmente il carburante che spinge in avanti la vita, l'unico gancio per mutare in corsa il destino e non sprecare neanche un minuto della nostra esistenza. 

Che ve ne pare?


mercoledì 17 aprile 2019

Tra pochissimo...

Tra pochissimo compirò quarant’anni, questo blog celebrerà l’anno di vita, mia figlia spegnerà la quarta candelina. 

Ho di che festeggiare. 

Quaranta. Anni. 

Quando ne avevo venti ed intercettavo un quarantenne, pensavo fosse già vecchio. In ogni caso, vissuto, segnato, con il viso che incominciava ad assomigliare a uno scatto modificato col filtro vita. 

A quarant’anni, mi dicevo, sei già bello che andato. 

Adesso che sono io a tagliare il traguardo, non mi sento particolarmente diversa. 

Dalla riva, l’acqua all'orizzonte appare di norma di un blu più intenso. Se poi ci nuoti in mezzo ti accorgi che è la stessa acqua in cui il cielo si specchia e le nuvole si bagnano. 

Anche gli occhi sono sempre i miei. Ogni tanto li cerco nel riflesso dello sguardo di chi amo: sono ancora quegli occhi che si stringono in uno scuro indefinito. I miei occhi da ragazza. 

Gli stessi occhi che scrutano i binari in attesa che appaia il treno, in quel ricordo di venti anni fa da cui non sembra essere trascorso neppure un giorno. 

C’eravamo io, la mia valigia troppo piena, il fazzoletto arrotolato nel reggiseno con un migliaio di lire che mi aveva regalato il nonno, e tutti quelle mani e quelle facce che mi salutavano e che non sono più dove li ho ha lasciate ad attendermi, quel giorno, in quella piccola stazione di paese in cui stava per arrivare un Intercity diretto a Roma. 

Quanto pesava quella valigia. Quando ero arrivata mi ero dovuta fermare in mezzo al via vai di Termini, non riuscivo a trascinarla. 

Non avevo fatto una cernita delle cose utili, non ero ordinata. Non lo sono mai diventata. 

Così, conservo in blocco il groviglio di eventi, di volti, di nomi, di conoscenze, di insegnamenti. Ogni tanto sbuca di prepotenza un’immagine, si stende al sole dell’oggi, si fa ammirare come un quadro d’autore. 

La volta che presi un autobus in periferia ed ignoravo bisognasse prenotare la fermata, il pomeriggio che capottai con una sberla assestata la mia coinquilina, quella cattiva, in una delle prime convivenze, quella che mi rubava i soldi e si leggeva di nascosto i miei diari, il viso sereno della suora che mi raccolse in lacrime alla fermata la mattina in cui mi sfrattarono, i lavori improvvisati per mantenermi all'università, i traslochi da un appartamento all'altro, i compagni che sono rimasti soltanto nel cuore o che tuttora mi camminano accanto, i viaggi in lungo e in largo, intrapresi per caso, senza paura, i baci sulla riva del fiume per scoprire l’amore, che era un po’ come quello dei romanzi ma molto più assordante… 

If you wait for me 

Then I'll come for you 

Although I've traveled far 

I always hold a place for you in my heart… 

Mi piacciono questi 40 anni, sono pieni di me, di cose e di persone tenute e cucite nella carne. 

La vita è una bella avventura. Lascia qualche cicatrice, ma è un amante fedele. 

Adesso mi crogiolo tra le carezze tenere di mia figlia. Nuoto insieme a lei, nell'acqua trasparente e luminosa delle sue risa cristalline, dei suoi imminenti 4 anni. E’ una bella bimba: gentile, dolce, generosa, educata. Guarda il mondo con il mio stesso trasporto. Forse mi somiglia, o forse no… 

La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato, e quasi sempre abbiamo perso.” 

Cazzate. Io non ho mai sperato invano. 

Sarà un Buon Compleanno. Per me. Per la mia Vittoria. Ed anche per questo spazio da cui mi leggete e che ha tagliato il traguardo più difficile: quello della costanza, dell’ordine, del tentativo di essere metodica. E’ stata una sfida con me stessa, una fatica non da poco. Perché io scrivo tanto ma scrivo a fiume, ed in base all'impeto del momento, senza una regola. 

Avevo ulteriori progetti per Dadirri: creare una pagina feisbuc, allargarmi su quelle interazioni immediate, così, per sfizio personale. 

Sarà il nuovo obiettivo del secondo anno. 

Bisogna sempre avere una meta, un sogno da realizzare, una scintilla di desiderio. 

Nel frattempo un Grazie a Voi per ogni giorno trascorso con me nell'ultimo anno. E ancora un Grazie per tutti i giorni nei quali continuerete a starmi vicino, nonostante il mio tempo ridotto non sempre mi consenta di essere presente …. 



sabato 13 aprile 2019

#tracciometro - Da quando sono nata...


Oggi scelgo di augurarvi un buon fine settimana con una traccia da "Gli effetti secondari dei sogni", di Delphine De Vigane.

Il libro racconta della conoscenza tra due ragazzine apparentemente diverse tra loro.Due vite che si sfiorano, due solitudini differenti che arrivano a farsi compagnia.

Mi è molto piaciuto. Per lungo tempo, dopo averlo letto, mi sono portata appresso un sacco di impressioni buone, di buoni propositi sugli effetti secondari dei sogni. Aveva persino fatto capolino la speranza che, tutto sommato, a stare "dall'altra parte della vetrata" ci si potesse augurare di trovarsi in una posizione di privilegio. Chissà...

“Da quando sono nata, mi sono sempre sentita al di fuori, dovunque fossi, fuori dall'immagine, dalla conversazione, sfasata, come se fossi la sola a sentire rumori o parole che gli altri non percepiscono, e sorda alle parole che invece sembrano sentire, come se fossi fuori dalla cornice, dall'altra parte di una vetrata immensa e invisibile.”

E a voi, è capitato di sentirvi come la piccola Lou? 

giovedì 11 aprile 2019

Nuove baby-tendenze: feste e festini dai 0 ai 10 anni.

Ovvero, come crescere una generazione di rincoglioniti.


Quando io ero bambina si attendeva il giorno del proprio compleanno con grande trepidazione. 
Per il compleanno si era quasi certi sarebbe arrivato un (uno!) regalo a lungo desiderato, ci sarebbe stata la torta con i nonni, gli zii ed i cugini, ed i più fortunati avrebbero potuto sperare in una festicciola pomeridiana con i compagni e divertimento improvvisato annesso.

I tempi cambiano. Le mode nascono. I greggi dei moderni genitori le alimentano.

La verità è che non siamo più i genitori di una volta. Nel bene e nel male, non lo siamo più.
Oggi, facendo due calcoli approssimativi in base agli standard, per crescere un paio di figli non bastano due stipendi, ce ne vorrebbero quattro, anche cinque a volerci rientrare comodi.

Ma veniamo al clou del tema: le feste di compleanno.

Oggigiorno, si incomincia ad organizzare la mega super festa di compleanno per il proprio figlio quando ancora questi è in fasce. Il pargolo allatta magari ancora al seno, dorme sedici ore al dì, non riconosce il suo naso dal suo alluce, ma, specie se ha la fortuna di vivere una struttura aggregativa quale può essere un nido, la festa s'addafà: pena l'esclusione sociale (dei genitori, ovvio).

Ci sono varie soluzioni di festa per bambini nel panorama festaiolo odierno (e credetemi, risucchiata dal malefico vortice per il tempo adeguato a rinsavire, ho sperimentato sulla mia stessa pelle).

1- La festa in una sala privata

Fermo restando che per rintracciare e prenotare in tempo una sala disponibile  è consigliabile che vi muoviate almeno tre mesi prima la data di vostro interesse, i costi per una festa di questo tipo sono i seguenti.

Si va dalle 100 alle 300 euro solo per l'affitto della sala, per un tempo medio di utilizzo che si aggira intorno alle 2/3 ore di festa.  
Gli addobbi ed il catering sono di norma a carico del festeggiante,  per una spesa media di circa 150-250 euro (ci si augura, comprensivi di torta).

Tocca poi procurarsi l'animazione, perché mica i babbui... ehm... i bambini possono trascorrere 2/3 ore così, in libertà da gioco, tocca pure intrattenerli in qualche modo. I prezzi delle agenzie di animazione variano dai 100 ai 200 euro circa, dipende se volete che l'animatore rimanga per l'assistenza allo scarto dei regali, per il taglio della torta, per la distribuzione dei gadget  agli invitati in ricordo dell'evento e/o se vi siano preferenze per servizi extra. Ad esempio: numeri di magia, travestimento personaggio del momento, confezionamento palloncini artistici, creazione zucchero filato in loco (in questi ultimi casi, il prezzo può anche lievitare andando a maggiorarsi di ben 50/100 euro sul totale).

Sommando il tutto, il costo di una festa in una sala affittata autonomamente con gadget-bomboniera inclusa è approssimativamente di circa 500/600 euro - ad essere fortunati.

2- La festa in un parco attrezzato con gonfiabili

Avete presente i capannoni allestiti a mo' di gabbia dove i ragazzini si scatenano rovinando come se non ci fosse un domani su strutture gonfiate ad aria? Ecco, quelli sono i moderni parchi dove, al modico prezzo di più o meno 5 euro all'ora in base alla zona d'Italia di riferimento, i nostri figli si allenano a frequentare ambienti con lo stesso spirito con cui frequenteranno i centri commerciali in futuro: ossia, stando in mezzo a centinaia di anime ma come se fossero  in realtà soli e abbandonati al mondo.

Il costo di una festa presso un parco con i gonfiabili varia dai 200 ai 350 euro suppergiù. Il catering  - di raggelante dubbia provenienza - può essere incluso nel pacchetto, o, a scelta, può essere a carico del festeggiante. Si risparmia in questo caso la cifra per gli addobbi e l'animazione, ma si può incorrere in spese triple e grattacapi non da poco se vostro figlio finisce con una braccio rotto o la testa fracassata, evento per nulla raro in luoghi come questi.

Se capitate in una festa del genere e non conoscete di vostro il bambino che festeggia, ricordate, inoltre, di non perdere tempo nel tentativo di individuarlo. Potrete provare a seguire le indicazioni che ve lo segnalano in mezzo alla bolgia di gambe, teste e magliette, ma in linea di massima lo sforzo sarà inutile. Anche perché, clausola irreversibile della struttura-gonfiabili, è che il parco non può rimanere chiuso al pubblico durante lo svolgimento della festa. Il tempo è denaro, ed ogni bambino lasciato son cinque euro persi all'ora.

3- La festa al McDonalds

La festa al Mc è una delle cose peggiori che vi possa capitare dopo la festa ai gonfiabili. Si va da un'ora e mezza a due ore e mezza di festa tra gli stretti tavolini di uno dei ristoranti della conosciutissima catena, con una mc-signorina o un mc-giovanotto che tentano di sedare le belve assetate di coca-cola e voglia di distruggere il locale, mentre i genitori vegetano ad un tavolo ipnotizzati da alette fritte, patatine ed altre leccornie appositamente previste per gli adulti  nel pacchetto  festa .

I costi non li conosco nel dettaglio, so che si parte da circa 8 euro a bambino e che è prevista una quota fissa in aggiunta. In compenso, pare che il Mc offra un sacco di temi e di alternative: festa base, festa premium tempo, festa premium torta, festa premium gold. All'ultima festa a cui sono stata dove si festeggiava il compleanno di un'amichetta di mio figlio, hanno anche offerto il ghiaccio; per l'andata al pronto soccorso onde far controllare il buco da spigolo che una temeraria infante, presa da un raptus di incontenibile gioia, s'era procurata cascando da un sedile, ci siamo invece offerti noi genitori, discretamente allarmati.

Queste le principali tre alternative.

Ultimamente, tuttavia, ha preso piede una nuova tendenza. Siccome la crisi c'è ed è tangibile, ma alla super mega festa non si può rinunciare, UDITE UDITE, hanno tirato fuori dal cilindro le Feste mattutine.

Ebbene, sì. Siccome la mattina era un momento di buco per tutte le attività commerciali di cui vi ho parlato, perché non incentivare le famiglie a festeggiare i propri adorabili figlioletti nell'arco di tempo antimeridiano offrendo in cambio una sorta di scontistica che varia dal 10% al 20% sui costi sopra elencati?

Detto, fatto.

Così, adesso ci piovono inviti per feste di sabato o di domenica dalle 10 di mattina in poi. In pratica, gli unici giorni in cui ci si potrebbe alzare con calma, fare colazione in santa pace, uscire per perdersi in una passeggiata all'aperto, preparare il pranzo in grazia di dio, tocca invece scapicollarsi da una festa di compleanno all'altra.

Per chi intende andarci, certo. Io a casa son stata chiara: bambini, voi ancora non potete capirlo, ma un giorno ringrazierete la mamma che ha deciso di staccarsi dal gregge. Che poi, se continuavamo di sto passo, per la festa dei 18 anni toccava chiamare Kate e mettersi in lista per il salone di Buckingham Palace

lunedì 8 aprile 2019

L'Autore del blog accanto - MASSIMILIANO RICCARDI

Massimiliano Riccardi lo conosciamo tutti. Se c’è qualcuno che ancora non sa a quale Massimiliano mi riferisca, via!, dietro la lavagna, in ginocchio sui ceci, e non si rialzi fin quando non avrà finito di leggere l'intero post.

Massimiliano Riccardi è l’autore dell’Infinitesimale omonimo blog; è, dunque, un blogger, uno di quelli alla mano, un compagnone, un amico; uno che non se la tira, per dirla in maniera colloquiale. Se hai la fortuna di conoscerlo un pizzico, Massimiliano è una di quelle persone con cui andresti volentieri a lanciare sassi sul mare mentre parli delle cose tue e ridi delle cose del mondo.

E' anche un autore di romanzi, Massimiliano. Uno che ha preso la scrittura e ne ha fatto lo strumento per raccontare quei sentimenti forti e incisivi che fanno fiorire storie che lasciano il segno proprio perché covate nell'anima.

Dal 2015 ad oggi, Massimiliano Riccardi ci ha regalato ben tre titoli: Joshua, Tutto è tenebra,  e, per ultimo, fresco di stampa, L'eredità delle ombre.

Ho chiesto a Massimiliano se avesse voglia di prestarsi ad una piccola e spensierata intervista per la mia altrettanto scanzonata rubrica sugli autori conosciuti attraverso i blog di appartenenza.

Ovviamente, ha acconsentito. Gli avrei dato il tormento - eheheheheh. L'intervista che segue è stata realizzata tramite uno scambio di email e ridefinita al telefono. Che dire, io Massimiliano non ho mai avuto la fortuna di incontrarlo di persona, ma a voce è UN DIO... 
"La mia è solo una voce da fumatore", ha sminuito lui. Ma io, gente, voterei per fargli registrare gli audiolibri o i podcast. 

Intervista a Massimiliano Riccardi
Massimiliano Riccardi

Ciao Massimiliano!... Come ci muoviamo per far partire un’intervista a distanza?
(sto sogghignando) 
Va bene, iniziamo soft... Cosa facevi poco prima che ti arrivasse la mia email con le domande che ho confezionato per te? 

Ah, ecco. In effetti stavo rimuginando sull’eventualità che qualche blogger un po’ matta decidesse di intervistare un brutto ceffo come me. No, scherzi a parte, ero al lavoro, quando ho aperto la mail mi sono emozionato.


Tu curi il blog Infinitesimale, molti blogger ti conoscono attraverso questo tuo spazio. Nell’ultimo periodo sei mancato parecchio. Cos’è successo? 

Casini di salute, lascia perdere, non voglio intristire nessuno


Tutti e tre i tuoi romanzi, Joshua, Tutto è trenebra e L’eredità delle ombre, sono usciti a distanza di due anni l’uno dall’altro. Cosa è cambiato in Massimiliano nel frattempo? 

Incomincio a rilassarmi proprio grazie alla stesura dei romanzi. In ognuno di essi c’è molto di me. Autoanalisi, tutto gratis (son genovese - ride ). 


Qual è il filo conduttore, il comune denominatore, che unisce le tre storie? 

I padri. L’amore, l’odio, la rabbia. La speranza. 
Tutti e tre i romanzi nascono dalla voglia di tirar fuori cose che avevo nel cuore da tanto tempo, cose già viste, vissute e rielaborate dal punto di vista narrativo. E' ovvio che intorno all'ispirazione si costruisce mano a mano il romanzo vero e proprio.


I propri romanzi sono per uno scrittore come dei figli. Un romanzo si partorisce con fatica, sacrificio ed in mezzo ad una miriade di emozioni. Poniamo che un serial killer armato ti abbia rapito, ti abbia condotto sul ciglio dell’autostrada, ti abbia messo in mano i tre tuoi romanzi e ti dica: - Bruciane uno, nessuno potrà leggerlo mai più, o ti sparo e ti butto tra le macchine...
Tu che fai?

Gli toglierei la pistola e lo farei fuori - (sghignazza). No, vabbè, diciamo che brucerei quest’ultimo, ho detto troppo. Non dico che si tratta di una autobiografia, però…


Da dove attinge Massimiliano per il giallo, il noir e l’alta tensione?

I gialli non li amo molto, anche se alcuni definiscono gialli i miei romanzi. Le trame le prendo dalla vita, dalle esperienze e dalle persone che ho conosciuto in carcere, in pronto soccorso, durante le mie varie attività lavorative, insomma. Se alludevi alle fonti letterarie specifiche del genere noir-thriller-alta tensione ecc. amo Ellroy, Lansdale, Loriano Macchiavelli, Mickey Spillane, McBain, Chandler, Edward Bunker, ecc, ecc ecc.


Che consiglio ti senti di dare ad uno scrittore in erba che vuole tentare la via della pubblicazione?

Di consigli non ce ne sono tanti. Di certo, scrivere con passione e poi mandare, mandare e mandare manoscritti, preparandosi ad una paziente attesa, così come ho fatto io. Si può anche seguire la via dell'auto-pubblicazione, ma per certi versi è una strada ancora più difficile...


L’ultimo libro che hai letto e che ti è tanto piaciuto.

L’ultimo che ho letto non mi è piaciuto molto, l’ho terminato l’altro ieri. Recentemente ho riletto "Il partigiano Johnny" con grande gusto.


L’ultimo libro che hai letto e che hai pensato facesse cag… ehm… acqua da ogni pagina. 

Un romanzo premiato. Non lo cito per non attirare le ingiurie degli intellettuali da diporto 


Secondo te, che oramai sei uno scrittore provetto, per chi vuole tentare la via della pubblicazione, scrivere un blog è più una distrazione o può anche rappresentare un buon allenamento scritturiale?

Intanto non sono uno scrittore provetto, punto più che altro sulle storie, la mia scrittura ha ben poco di ricercato e di elegante. Devo dire che il blog mi ha permesso di sperimentare, chi leggerà l’ultimo romanzo e conosce il mio blog capirà cosa intendo.


Cita tre blog che ti piacciono tantissimo, tranne il mio che sennò poi dicono tu sia di parte - eheheheh.

Ma belin, sorry, volevo dire “perbacco”, non voglio scontentare nessuno. Sono tanti i blog che amo. Bel… perbacco, è però giusto rispondere: i tre blog del cuore, quelli che amo perché adoro le proprietarie sono quelli di Patricia Moll, Marina Guarneri, Mariella, Nadia Banaudi. Però qui sono influenzato dalle lunghe frequentazioni e chiacchierate private, ci sono altri blog che mi piacciono tantissimo con blogger che stimo.


Carbonara o amatriciana?

Carbonara. 


Tiramisù o torta mimosa? 

TIRAMISÙ! 


Prosecco o vinello rosso? 

Io sono un mezzo montanaro - (ridacchia, simpatico) - ... direi vinello rosso, il prosecco lo lasciamo alle signore.


Il motto di una vita.

Alma invicta e Usque ad finem (in un’altra vita me li sono tatuati).


Hai un altro romanzo in cantiere o pensi ci sarà a breve, tipo tra due anni?

Sì, un romanzo ad ambientazione storica. Tutto fermo perché l’editor non si è fatto più sentire, avevamo concordato di sentirci a febbraio quando si sarebbe sentita pronta, visti i casini economici attuali colgo la palla al balzo per temporeggiare. 


Convinci i lettori a leggere L’eredità delle ombre.

Leggetelo! So dove abitate e dove parcheggiate la macchina - (ride in maniera contagiosa).


Senti, ma tornerai a postare qualcosa con più frequenza? Possiamo sperare in un ritorno bloggatico del Gigante Buono?

Sì, è il proposito di questo 2019.


A proposito di propositi, perché ti chiamano il Gigante Buono?

Sono alto un metro e novantacinque, oggi un po’ imbolsito ma prima molto atletico e massiccio. Buono? Naaa - (si sganascia dalle risate).


Dai, lascia un saluto, come alla radio o in televisione. Io nel frattempo ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato e ti abbraccio forte forte forte fortissimamente. 

Mh, vediamo un po’. 
Grazie di esistere. No, meglio di no. 
Vi lovvo tutti. Nemmeno. 
Che Dio vi benedica. Neanche, troppo pretenzioso. 
A parte gli scherzi, grazie a tutti coloro che hanno voluto dedicarmi del tempo per leggere le mie amenità, e grazie a te, cara la mia dissacrante Irene. Grazie per questo regalo meraviglioso. Ovviamente ricambio l’abbraccio. Non troppo forte però, alla fine sempre gigante sugnu...


 Adesso siete a conoscenza di cosa preparare a Massimiliano se decidete di invitarlo a pranzo. Nel frattempo che vi esercitate affaccendandovi intorno alla carbonara, al tiramisù e ad un buon rosso d'annata, vi lascio indicazioni su come reperire i suoi romanzi rimandandovi alla pagina del suo blog.

Io sono ancora ferma al primo, a Joshua, che avevo recensito nell'estate del 2016. La mia recensione la trovate qui

Confido di riuscire a recuperare al più presto con i rimanenti due titoli. Nel mentre, auguro di cuore a Massimiliano un sincero e meritato IN BOCCA AL LUPO! 

"Sono soltanto uno che racconta storie", ha scritto lui. 

Ma sappiate che sono storie che sanno emozionare.